Scissione mediante scorporo: profili contabili e fiscali ancora da chiarire

Leggi anche

La scelta del legislatore delegato è sicuramente da condividere, non avendo alcun senso una doppia disciplina in funzione del domicilio dei soggetti partecipanti all’operazione.

Il documento FNC contiene solo limitati accenni ai nostri due argomenti, che riteniamo meritevoli di approfondimento.

Aspetti contabili

Iniziando con gli aspetti contabili è opportuno evidenziare che il principio contabile n. 4 sulle fusioni e scissioni di società risale al gennaio 2007. Un importante contributo complementare si trova in OIC25, che ha successivamente disciplinato le modalità di rilevazione delle imposte differite nei frequenti casi in cui vengano generati disallineamenti tra valori contabili e valori fiscali.

Le natura civilistica, e conseguentemente fiscale, delle operazioni di riorganizzazione aziendale nasce nel 1964, quando il professor Carlo Santagata, nel suo testo “Fusioni tra società” individua la natura della fusione in termini soggettivi: non sono i beni che passano da un soggetto all’altro, ma sono i soggetti che si identificano e quindi con l’atto di fusione – che ha pertanto natura ricognitiva e non traslativa – constatano che le reciproche deliberazioni societarie hanno portato all’unificazione dei soggetti. “Trasocietà, in quanto l’incorporata non “vende” i suoi attivi all’incorporante e poi decide di estinguersi, ma diventa un tutt’uno con l’altra società.

Ci vorrà del tempo per questa distinzione tra operazioni sui soggetti (fusione, poi scissione che non esisteva all’epoca) e operazioni sui beni. Le operazioni sui soggetti sono naturalmente neutre dal punto di vista fiscale, perché non c’è la fuoriuscita da una sfera di impresa verso un’altra, ma le due sfere sono diventate una sola. Le altre (cessione o conferimento) sono per loro natura realizzative, salvo alcune agevolazioni che vedremo e altre che potrebbero essere in itinere con la riforma tributaria.

All’epoca un tema di confronto interessante fu la legge per agevolare le operazioni di “concentrazione” di aziende sociali, legge 18 marzo 1965, n. 170, nata per facilitare la riallocazione dei capitali ricevuti dalle aziende ex-elettriche per effetto della nazionalizzazione. La circolare del 1° ottobre 1965, n. 46, liquida il problema, evidenziando che ci sarebbe stata ancora divergenza interpretativa sulla fusione come atto realizzativo, ma che si poteva fare a meno di pensarci in quanto era entrato in vigore un regime di esenzione, che durerà per alcuni anni.

Questa premessa ci sembra utile per cercare di capire il motivo per cui un trasferimento di azienda (o altri beni aziendali) tra due società sia opportuno utilizzando sia il conferimento che il nuovo istituto della scissione mediante scorporo.

La differenza giuridico-economica con la scissione ordinaria sta nel depauperamento patrimoniale della società che attua questa operazione, in quanto parte del suo patrimonio fuoriesce a favore dei soci. Le altre due operazioni mantengono il patrimonio, anzi potrebbero aumentarlo civilisticamente, attribuendo maggiori valori all’attivo che passa all’altra società.

Neutralità fiscale

La neutralità implicita delle operazioni tra soggetti è scritta, ad abundantiam, nel comma 1 degli articoli 172 (fusione) e 173 (scissione) del TUIR. Operazioni realizzative, ma con un regime fiscale favorevole (ma non coincidente) sono recate dagli articoli 175 – realizzo controllato in base al valore attribuito in contabilità, da cui discende la neutralità indotta, nel caso di conferimento (in regime d’impresa) di partecipazioni qualificate; 176 – conferimento di aziende in regime di neutralità, cioè della continuazione dei valori fiscali, anche nel caso dell’iscrizione di importi più elevati; 177, commi 2 e 2-bis, a disposizione anche per i non esercenti attività d’impresa, per il conferimento di partecipazioni in regime di realizzo controllato.

La scissione mediante conferimento mutua gli aspetti contabili e fiscali dalla vera e propria scissione, con significative differenze rispetto al conferimento d’azienda:

– trasferimento dei “fondi” di ammortamento, cioè “a saldi aperti”, e non a saldi chiusi;

– possibilità di trasferire anche singoli beni, non necessariamente aziende o partecipazioni qualificate;

– neutralità fiscale delle maggiori iscrizioni di valore (solo nell’art. 176 per i conferimenti di aziende).

Abbiamo messo al primo punto il tema dei saldi trasferiti, perché lo riteniamo uno dei più rilevanti, che non ha formato quasi mai oggetto di riflessione.

Un esempio

Trasferimento di una immobilizzazione avente il costo di 1.000 e un fondo di ammortamento di 700.

Valore contabile netto 300.

Volutamente non parliamo del possibile maggior valore e della possibilità di affrancarlo con l’imposta sostitutiva.

Nelle fusioni e scissioni si riprende il bilancio di verifica, e quindi il costo di iscrizione in contabilità rimane di 1.000, nelle operazioni realizzative si deve aprire con 300.

Il principale vulnus attuale sta nel mancato rispetto delle regole civilistiche di ammortamento (sulla residua durata di utilizzazione del bene) da parte delle disposizioni tributarie che danno al bene usato la stessa aliquota di ammortamento di quello nuovo. Certo si può gestire con doppio binario civilistico/fiscale, ma questo comporta l’iscrizione di imposte anticipate, non sempre possibile in periodi di incertezza economica.

Buon’ultima, ma non trascurabile, la rilevanza del valore di iscrizione per il 5% delle manutenzioni fiscalmente ordinarie.

Copyright © – Riproduzione riservata

Fonte