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La norma, però, è lacunosa e non è difficile individuare alcune operazioni che esigono chiarimenti da parte dell’Agenzia delle Entrate. Per il momento, però, a distanza di più di tre mesi dall’approvazione della novella non è stato diffuso alcun documento di prassi. Gli operatori si trovano in difficoltà e in alcuni casi non è agevole comprendere se la disposizione trovi o meno applicazione.
Il caso del sismabonus acquisti
Un caso estremamente dubbio riguarda il sismabonus acquisti.
Pertanto, se Tizio ha acquistato un immobile, ricostruito con criteri antisismici, fruendo della detrazione del 110%, l’eventuale plusvalenza realizzata sarà assoggettata a tassazione anche qualora siano decorsi più di cinque anni dall’acquisto.
Si consideri il caso in cui l’immobile sia stato acquistato nell’anno 2021 al prezzo di 300.000 euro e venga venduto nell’anno 2027 a 450.000 euro; la plusvalenza realizzata, pari a 150.000 euro, sarà assoggettata a imposizione. Infatti, la cessione sarebbe in tal caso effettuata entro i 10 anni successivi alla conclusione dell’intervento agevolato. Pertanto, l’imposizione sarebbe legittima pur essendo decorsi più di cinque anni dalla data di acquisto dell’immobile. |
Tuttavia, deve osservarsi che la disposizione in commento sembra sia stata concepita esclusivamente nei casi in cui l’agevolazione sia determinata avendo riguardo alle spese sostenute per i lavori e non sul prezzo di acquisto dell’immobile. D’altra parte, che il sismabonus acquisti abbia caratteristiche diverse rispetto ai bonus collegati ai lavori si desume chiaramente se si considera, come chiarito dalla stessa Agenzia delle Entrate, che l’agevolazione non richiede l’attestazione della congruità dei costi.
La disposizione funziona correttamente e senza dubbi qualora l’agevolazione sia collegata all’intervento edilizio senza l’acquisto. I dubbi traggono origine, invece, allorquando il contribuente abbia fruito del beneficio fiscale all’atto dell’acquisto per il tramite, quindi, del sismabonus acquisti.
Ad esempio
Si consideri il caso in cui il prezzo di acquisto dell’immobile sia pari a 300.000 euro. Il massimale per fruire dell’agevolazione fiscale è pari a 96.000 euro. Se il soggetto cedente è disposto a concedere lo sconto in fattura integrale, l’acquirente dovrà materialmente corrispondere una somma di denaro pari a 204.000 euro.
A seguito dello sconto concesso l’impresa venditrice troverà nell’area riservata dell’Agenzia delle Entrate un credito d’imposta pari a 105.600 euro.
Il problema sarà costituito delle modalità di computo della plusvalenza. Il corrispettivo pagato per l’acquisto è al lordo dello sconto in quanto il prezzo indicato nel rogito ammonta a 300.000 euro. Pertanto, se la vendita fosse effettuata a un prezzo pari a 400.000 euro la plusvalenza sarebbe pari a 100.000 euro. Tuttavia, tale modalità di calcolo del plusvalore, anche se corretta, non raggiungerebbe l’obiettivo voluto dal legislatore che ha inteso penalizzare coloro che hanno fruito del bonus con l’intento di vendere successivamente l’immobile per ottenere un beneficio finanziario.
Conseguentemente, il plusvalore dovrà essere determinato effettuando la differenza tra il corrispettivo conseguito con la vendita, pari a 400.000 euro, e il prezzo di acquisto al netto dello sconto concesso pari a 204.000 euro. In tale ipotesi la plusvalenza realizzata all’atto della vendita sarebbe pari a 196.000 euro.
L’obiettivo del legislatore risulterebbe così raggiunto.
L’osservazione è in linea di principio corretta, ma sarebbe contrastante con le finalità che hanno indotto il legislatore fiscale alla previsione della novella.