Somme corrisposte da enti pubblici: quando sono rilevanti ai fini IVA

L’Agenzia delle Entrate ha pubblicato la risposta a interpello n. 376 del 10 luglio 2023 in tema di rilevanza IVA delle somme corrisposte da enti pubblici per la realizzazione di interventi connessi all’organizzazione dell’evento a rilevanza nazionale.

In merito alla natura giuridica delle società in house, si evidenzia che con risoluzione dell’8 marzo 2007, n. 37/E è stato chiarito che le stesse devono considerarsi organismi aventi una loro autonoma soggettività giuridica rispetto all’ente o enti di appartenenza.

Sul punto, nella risoluzione, ribadendo quanto già affermato con la risoluzione 9 novembre 2006, n. 129/E, si è argomentato che dette società, ai fini fiscali, non possono essere assimilate a organismi di diritto pubblico? conseguentemente, rispetto a dette società non può trovare applicazione la disposizione di cui all’articolo 4, comma 4, del decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633, ai sensi del quale per gli enti pubblici si considerano effettuate nell’esercizio di imprese soltanto le cessioni di beni e le prestazioni di servizi rese nell’esercizio di attività commerciali.

Le operazioni poste in essere dalle predette società, in quanto costituite in forma di società di capitali, anche se tali operazioni sono riconducibili alle funzioni istituzionali dell’ente pubblico di provenienza o di appartenenza, si considerano, dunque, effettuate in ogni caso nell’esercizio d’impresa.

In sostanza, il presupposto oggettivo di applicazione dell’Iva può essere escluso, ai sensi della normativa europea, solo qualora non si ravvisi alcuna correlazione tra l’attività finanziata e le elargizioni di denaro.

Secondo la giurisprudenza della Corte di Giustizia, la rilevanza agli effetti dell’IVA di una determinata operazione prescinde dall’ammontare del corrispettivo previsto.

Conformemente alla normativa e alla giurisprudenza unionale, l’Amministrazione finanziaria in diversi documenti di prassi ha chiarito che, in linea generale, un ”contributo” (rectius, una somma di denaro) assume rilevanza ai fini IVA se erogato a fronte di un obbligo di dare, fare, non fare o permettere, ossia quando si è in presenza di un rapporto obbligatorio a prestazioni corrispettive.

Di contro, l’esclusione dal campo di applicazione dell’IVA si configura ogni qual volta il soggetto che riceve il ”contributo” non sia obbligato a dare, fare o permettere alcunché in controprestazione.

In tal senso, l’art 2, terzo comma, lett. a), del D.P.R. n. 633 del 1972 statuisce che non sono considerate cessioni di beni e sono conseguentemente escluse dal campo di applicazione dell’imposta ”le cessioni che hanno per oggetto denaro o crediti in denaro”.

Così, in linea generale, i contributi a fondo perduto, ossia quelli erogati senza alcuna connessione con prestazioni di servizi o cessioni di beni, non sono soggetti ad imposta.

La circolare n. 34/E del 2013 ha suggerito alcuni criteri ermeneutici di carattere generale per la qualificazione, ai fini IVA, delle somme erogate dalle pubbliche Amministrazioni, in particolare al fine di accertare se dette somme costituiscano:

– corrispettivi correlati a prestazioni di servizi, ai sensi dell’art. 3 del DPR n. 633 del 1972, o

­ mere elargizioni di denaro (i.e. contributi), ai sensi dell’art. 2 del medesimo decreto.

Sul punto, la circolare ha chiarito che, in mancanza di un puntuale riferimento normativo che individui l’esatta qualificazione e la natura giuridica delle somme, anche agli effetti tributari, è necessario esaminare caso per caso il concreto assetto degli interessi delle parti, seguendo taluni criteri interpretativi a tal fine utili, indicati dal medesimo documento di prassi secondo un preciso ordine gerarchico/sequenziale.

Nell’enfatizzare la presenza di specifici obblighi del destinatario dell’erogazione nel quadro del tradizionale sinallagma, ha puntualizzato che si opera all’interno di uno schema contrattuale e, quindi, si è in presenza di una erogazione­corrispettivo a fronte di una prestazione di servizi, oltre che nelle fattispecie disciplinate dal codice dei contratti pubblici, anche per i contratti stipulati al di fuori o in deroga alle norme del codice stesso? ciò avviene quando, tra l’altro, i rapporti a prestazioni corrispettive sono costituiti con soggetti caratterizzati da particolari requisiti, per i quali gli affidamenti sono effettuati al di fuori delle regole del medesimo codice, e il medesimo documento individua esemplificativamente proprio le società operanti secondo il modello organizzativo dell’in house providing.

La sussistenza di un rapporto avente natura sinallagmatica, inoltre, è ravvisabile anche in presenza di altri indici tra cu:

­ la circostanza che ci sia il trasferimento, in tutto o in parte, della proprietà all’ente erogante dei risultati della ricerca o dell’opera finanziata?

­ la previsione di clausole risolutive espresse nella convenzione e/o contratto?

­ la sussistenza di penalità da inadempimento.

Tali elementi di norma costituiscono la dimostrazione dell’esistenza di un interesse patrimoniale da parte del soggetto erogante perseguito tramite un rapporto di natura sinallagmatica.

Con riferimento all’applicazione del meccanismo della scissione dei pagamenti di cui all’art. 17­ter del DPR n. 633 del 1972, si rileva se la società è un soggetto iscritto nell’elenco IPA pubblicato sul sito dell’Indice delle Pubbliche amministrazioni è, dunque, riconducibile tra i soggetti per i quali si applica il meccanismo dello split payment, in base al quale per le cessioni di beni e le prestazioni di servizi effettuate dai fornitori nei confronti delle PP.AA. e delle società ”affidabili” l’IVA indicata in fattura viene da esse versata direttamente all’Erario.

I contributi concessi specificamente in relazione all’acquisto di beni ammortizzabili, definiti «contributi in conto impianti», non generano né sopravvenienze attive né ricavi, bensì rilevano in diminuzione del costo fiscalmente riconosciuto del cespite cui afferiscono.

Tali contributi, dunque, non assumono autonoma rilevanza fiscale ma devono essere ripartiti in base alla vita utile del bene per il quale sono stati concessi. Come precisato con la risoluzione 22 gennaio 2010, n. 2/E, si deve tenere presente che il criterio distintivo tra i diversi tipi di contributo consiste nella finalità per la quale quest’ultimo viene assegnato, desumibile dalle singole leggi agevolative:

-i contributi in «conto esercizio» sono destinati a fronteggiare esigenze di gestione?

-i contributi in «conto capitale» sono finalizzati ad incrementare i mezzi patrimoniali dell’impresa,senza che la loro erogazione sia collegata all’onere di effettuare uno specifico investimento? mentre

-i contributi in «conto impianti» sono erogati con il vincolo di acquisire o realizzare beni strumentali ammortizzabili, ai quali vengono parametrati.

Copyright © – Riproduzione riservata

Fonte