Superbonus e sconto in fattura: la sanzione in caso di errore nella fattura e nella comunicazione alle Entrate

Con la risposta a interpello n. 348 del 14 giugno 2023, l’Agenzia delle Entrate ha fornito chiarimenti in tema di Superbonus, sconto in fattura e errore nella fattura e nella comunicazione all’Agenzia delle entrate.

Circa la differenza tra inesistenza e non spettanza del credito, è già stata fornita con la risoluzione 8 maggio 2018, n. 36/E, con cui è stato chiarito che con il decreto legislativo 24 settembre 2015, n. 158, di riforma del sistema sanzionatorio amministrativo, è stata introdotta, all’articolo 13 del decreto legislativo n. 471 del 1997, una definizione normativa di credito inesistente ­ da cui, a contrario, far derivare la definizione di credito non spettante ­ e uno specifico regime sanzionatorio nell’ambito della disposizione dedicata agli omessi versamenti. Contestualmente, è stato abrogato l’articolo 27, comma 18, del decreto legge n. 185 del 2008. Allo stato, quindi, si definisce inesistente il credito in relazione al quale manca, in tutto o in parte, il presupposto costitutivo e la cui inesistenza non sia riscontrabile mediante controlli di cui agli artt. 36­bis e 36­ter del Decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 600, e all’art. 54­bis del Decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633.

Tale definizione consente, tra le altre, di tenere conto della molteplicità dei crediti agevolativi presenti in ambito fiscale, così diversamente configurati dalle singole leggi istitutive, evitando che possa essere irrogata al contribuente una sanzione particolarmente grave nel caso in cui sussistano i requisiti sostanziali previsti dalla norma istitutiva del credito, ma non siano stati posti in essere esclusivamente gli adempimenti di natura formale (e sempreché l’effettuazione di detti adempimenti non sia considerata elemento costitutivo di maturazione del credito dalle stesse norme). Il riferimento operato al riscontro dell’esistenza del credito da utilizzare in compensazione mediante procedure automatizzate rappresenta, peraltro, una condizione ulteriore rispetto a quella dell’esistenza sostanziale del credito ed è volta a evitare che si applichino le sanzioni più gravi quando il credito, fruito in compensazione indebitamente, possa comunque essere ”intercettato” mediante controlli automatizzati (circostanza, questa, che priva la condotta del contribuente di quella lesività idonea a giustificare la più grave misura sanzionatoria).

Successivamente, anche la Corte di cassazione, con le sentenze n. 34444 e 34445, entrambe depositate il 16 novembre 2021, ha precisato che la definizione di credito inesistente si desume dall’articolo 13, comma 5, del decreto legislativo n. 471 del 1997, secondo cui si considera tale il credito in relazione al quale manca, in tutto o in parte, il presupposto costitutivo e la cui inesistenza non sia riscontrabile attraverso i controlli di cui agli articoli 36­bis e 36­ter del decreto del Presidente della Repubblica n. 600 del

1973 e all’articolo 54­bis del decreto del Presidente della Repubblica n. 633 del 1972.

Devono, dunque, ricorrere entrambi i requisiti per considerare inesistente il credito, ossia:

-deve mancare il presupposto costitutivo (il credito non emerge dai dati contabili, finanziari o patrimoniali del contribuente)?

-l’inesistenza non deve essere riscontrabile con controlli automatizzati o formali.

Ne deriva, a contrario, che se manca uno di tali requisiti, il credito deve ritenersi non spettante.

In sintesi, per poter qualificare un credito come inesistente è necessario che lo stesso sia ancorato ad una situazione non reale o non vera, ossia priva di elementi giustificativi fenomenicamente apprezzabili, se non anche con connotazioni di fraudolenza, non rilevabile attraverso l’attività di controllo automatizzato o formale, in conseguenza del confronto tra i dati esposti in dichiarazione e i documenti conservati ed esibiti dal contribuente? perché il credito sia non spettante e necessario, invece, che la non sussistenza dei presupposti costitutivi del credito sia intercettabile in sede di controllo automatizzato o formale.

Tale principio è stato recepito anche dalla Cassazione penale con la sentenza n. 7615 del 3 marzo 2022.

Quanto al Superbonus, la circolare 6 ottobre 2022, n. 33/E, al paragrafo n. 5, ha poi chiarito che i crediti derivanti da cessioni o sconti validamente comunicati in ciascun mese sono resi disponibili, entro il giorno 10 del mese successivo, nella procedura web denominata ”Piattaforma cessione crediti” (Piattaforma), accessibile dall’area riservata del sito internet dell’Agenzia delle entrate. Il soggetto che riceve il credito, cessionario o fornitore, può utilizzarlo in compensazione, ai sensi dell’articolo 17 del d.lgs. n. 241 del 1997 oppure cederlo ulteriormente nei limiti stabiliti dalle norme succedutesi nel tempo, dopo averlo accettato nella Piattaforma? in caso di errore nella Comunicazione, il soggetto che riceve il credito deve rifiutare la cessione, sempre tramite la Piattaforma.

L’errore ­ o l’omissione ­ relativo a dati della Comunicazione che incidono su elementi essenziali della detrazione spettante e quindi del credito ceduto può essere definito sostanziale (ad esempio, è un errore sostanziale l’errata indicazione del codice dell’intervento da cui dipende la percentuale di detrazione spettante e/o il limite dispesa, oppure del codice fiscale del cedente).

Al fine di consentire la corretta circolazione dei crediti ed evitare difficoltà ai titolari delle detrazioni, oltre che ai cessionari e ai fornitori, è consentito l’annullamento, su richiesta delle parti, dell’accettazione di crediti derivanti da comunicazioni di prime cessioni o sconti non corrette. Con l’annullamento dell’accettazione del credito il plafond del credito compensabile in capo al cessionario viene contestualmente ridotto del relativo importo.

Il beneficiario della detrazione può inviare una nuova Comunicazione con le consuete modalità, purché non sia scaduto il termine annuale previsto per l’invio della stessa.

Il credito agevolativo in favore del fornitore si origina solo a seguito di accettazione della comunicazione dell’opzione di sconto, concesso al beneficiario originario dell’agevolazione fiscale.

L’errata indicazione del codice fiscale, sia nelle fatture emesse che nelle comunicazioni inviate, rappresenta un errore sostanziale, che ha reso necessaria la ”correzione” dell’operazione ab origine e il riversamento del credito ”indebitamente” utilizzato, in quanto sorto da una comunicazione poi annullata.

La rettifica dell’operazione ­ mediante storno e sostituzione delle fatture originarie, oltre all’invio della nuova comunicazione ­ di fatto ha ”rigenerato” il credito, il cui presupposto costitutivo può dirsi esistente già.

Conseguentemente, il credito in parola può dirsi ”reale”, benché ”correttamente” maturato solo a seguito dell’accettazione della comunicazione della nuova opzione di sconto e, dunque, ”non spettante” al momento della compensazione eseguita.

Quindi la sanzione applicabile è quella disposta dall’articolo 13, comma 4, del decreto legislativo n. 471 del 1997, che, punisce l’utilizzo di un credito d’imposta esistenti in violazione delle modalità di utilizzo previste dalle leggi vigenti, ovvero, prima dell’invio della comunicazione corretta.

La sanzione in parola resta, comunque, ravvedibile ex articolo 13 del decreto legislativo 18 dicembre 1997, n. 472, e ­ fino al 30 settembre 2023 ­sanabile anche tramite il c.d. ravvedimento ”speciale”.

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