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Superbonus: per i forfetari lo sconto in fattura al 110% può causare lo splafonamento

Superbonus: Per I Forfetari Lo Sconto In Fattura Al 110% Può Causare Lo Splafonamento

Tra le spese detraibili ai fini del superbonus rientrano anche quelle sostenute per il rilascio di attestazioni o asseverazioni e del visto di conformità da parte dei professionisti incaricati. Tali spese, dunque, al pari delle altre spese detraibili, possono formare oggetto di sconto in fattura. Come specificato dall’Agenzia delle Entrate nella circolare n. 23/E/2022, nel caso di sconto in fattura operato a tal fine dai professionisti, l’intero importo del credito ottenuto a fronte dello sconto, pari al 110% dello stesso, costituisce un provento percepito nell’esercizio dell’attività professionale e, pertanto, va assoggettato a tassazione. Tale principio fissato in modo esplicito dall’Agenzia per i contribuenti in regime ordinario non può che trovare applicazione analogica anche per i forfetari: anche per costoro l’intero importo del credito ottenuto a fronte dello sconto, pari al 110% dello stesso, costituisce un provento percepito nell’esercizio dell’attività professionale e, pertanto contribuisce alla determinazione dell’ammontare annuo dei compensi che può causare lo splafonamento e dunque la fuoriuscita dal regime agevolato.

L’art. 119 del decreto Rilancio (D.L. 19 maggio 2020, n. 34) ha introdotto una detrazione nella misura del 110% (superbonus) a fronte di specifici interventi finalizzati all’efficienza energetica o alla riduzione del rischio sismico degli edifici.

L’art. 121 del medesimo decreto, prevede inoltre a favore dei soggetti che sostengono tali tipologie di spese, la facoltà di optare, in luogo dell’utilizzo diretto della detrazione in dichiarazione, per un contributo, sotto forma di sconto sul corrispettivo dovuto fino a un importo massimo pari al corrispettivo stesso, anticipato dal fornitore che ha effettuato gli interventi e da quest’ultimo recuperato sotto forma di credito d’imposta, con facoltà di successiva cessione del credito ad altri soggetti, ivi inclusi gli istituti di credito e gli altri intermediari finanziari (cd. sconto in fattura).

Ai sensi del comma 15 del mentovato articolo 119, tra le spese detraibili rientrano anche quelle sostenute per il rilascio delle attestazioni e delle asseverazioni e del visto di conformità.

Il trattamento fiscale dei compensi professionali oggetto dello sconto al 110%

A seguito dell’opzione esercitata dal committente per lo sconto in fattura, il professionista o il tecnico recupera il contributo anticipato sotto forma di sconto acquisendo un credito d’imposta pari al 110% dell’importo oggetto di sconto.

Orbene, in seno alla circolare n. 23/E del 2022 l’Agenzia delle entrate ha specificato che l’intero importo del credito ottenuto a fronte dello sconto, pari al 110% dello stesso, costituisce un provento percepito nell’esercizio dell’attività professionale e, pertanto, va assoggettato a tassazione ai sensi dell’art. 54 TUIR. In altri termini, il documento di prassi citato chiarisce che l’intero ammontare del credito d’imposta conseguito a seguito dello sconto, pari al 110% dell’importo scontato, è da considerare come un componente positivo di reddito in capo al professionista, della medesima natura dei proventi tipicamente percepiti nell’esercizio dell’attività professionale. Come tale, anche il 10% aggiuntivo del credito riconosciuto a fronte della spesa sostenuta dal committente sarà tassato, non come plusvalenza o sopravvenienza attiva, ma ai sensi dell’art. 54, D.P.R. n. 917/1986, quale reddito da lavoro autonomo e dovrà quindi essere dichiarato come tale.
Per completezza espositiva si ricorda che, sempre con riferimento ai professionisti, l’art. 25, comma 1, primo periodo, D.P.R. n. 600/1973 prevede che “i soggetti indicati nel primo comma dell’art. 23, che corrispondono a soggetti residenti nel territorio dello Stato compensi comunque denominati, anche sotto forma di partecipazione agli utili, per prestazioni di lavoro autonomo, ancorché non esercitate abitualmente ovvero siano rese a terzi o nell’interesse di terzi o per l’assunzione di obblighi di fare, non fare o permettere devono operare all’atto del pagamento una ritenuta del 20 per cento a titolo di acconto dell’Irpef dovuta dai percipienti, con l’obbligo di rivalsa”.
Tuttavia, l’Agenzia delle Entrate nel già richiamato documento di prassi ha precisato che tale ritenuta non trova applicazione nell’ipotesi di corrispettivi oggetto di sconto in fattura per effetto dell’opzione di cui all’art. 121, comma 1, del decreto Rilancio da parte dei professionisti che acquisiranno il credito d’imposta in quanto, in tale ipotesi, non viene eseguito alcun pagamento.
Per quanto concerne, infine, l’anno d’imposta di competenza dei suddetti compensi, si precisa che nella precedente circolare n. 30/E del 2020 (risposta 5.1.1) l’amministrazione finanziaria ha chiarito che per l’imputazione delle spese in caso di sconto in fattura, in mancanza di pagamenti (sconto totale della spesa), si deve fare riferimento alla data di emissione della fattura da parte del fornitore. Ciò comporta, pertanto, che alla data di emissione della fattura (che implica l’esercizio dell’opzione) deve ritenersi incassato il provento.

In particolare, il documento di prassi citato ha affermato, al paragrafo 6.2.1, che il criterio di individuazione del momento di sostenimento della spesa da parte del committente, in base al principio di cassa, che beneficia dello sconto in fattura, coincide con il momento in cui il provento deve considerarsi incassato, cioè percepito, dal professionista che concede lo sconto. La data di incasso è quella di fatturazione e prescinde, dunque, dal momento in cui il professionista ha ottenuto la disponibilità del credito nel proprio cassetto e lo abbia accettato. Pertanto, anche il provento finanziario del 10% deve essere assoggettato a tassazione nell’anno della fatturazione al pari della restante quota del compenso oggetto di sconto in fattura.

I compensi dei professionisti in regime forfetario

Un discorso analogo a quello visto in precedenza vale anche per i contribuenti che fruiscono del regime forfetario.

Anche per tali soggetti, infatti, vale la regola per cui l’intero compenso che ha formato oggetto di sconto in fattura formerà reddito rilevante ai fini fiscali. In particolare, sarà da ritenere compenso a tutti gli effetti anche l’ulteriore 10% previsto in detrazione a fronte della spesa sostenuta per gli interventi eseguiti, pertanto anche il medesimo dovrà essere riportato nel quadro LM tra i componenti positivi di reddito.

Infatti, sebbene l’Agenzia delle Entrate abbia affrontato il problema con riferimento a un professionista che determina il reddito analiticamente ai sensi dell’art. 54 TUIR, la soluzione resta valida anche con riferimento ai professionisti forfetari.

Pertanto, anche il professionista o il tecnico in forfetario, a seguito dell’opzione esercitata dal committente, recupera il contributo anticipato sotto forma di sconto acquisendo un credito d’imposta pari al 110% dell’importo oggetto di sconto. In ragione di ciò l’intero importo del credito ottenuto a fronte dello sconto, pari al 110% dello stesso, anche per tali soggetti costituisce un provento percepito nell’esercizio dell’attività professionale e, pertanto, assoggettato a tassazione.

Anche per tali soggetti, inoltre, i compensi che hanno formato oggetto di sconto in fattura devono essere dichiarati nell’anno d’imposta in cui è avvenuta la fatturazione e non in quello di accettazione del credito.

Ne consegue che, per i professionisti che applicano il regime forfetario, l’ulteriore 10% al pari degli altri compensi oggetto di sconto contribuirà alla formazione dell’ammontare dei componenti positivi sui quali computare il limite per la permanenza nel regime.

Potrebbe pertanto accadere che il contribuente sia costretto a fuoriuscire dal regime a causa dell’impatto sul totale dei compensi generato da questo 10%, in quanto rilevante ai fini dello splafonamento di 85.000 euro o addirittura di 100.000 euro.

Ad esempio

Si ipotizzi un contribuente in regime forfettario che nell’anno d’imposta 2023 ha fatturato e incassato compensi per 20.000 euro per lavori non inerenti ai bonus edilizi e ne ha fatturati ulteriori 60.000 euro mediante sconto in fattura per interventi concernenti il superbonus con detrazione al 110%.

Ebbene alla luce di quanto sin qui illustrato il totale dei compensi percepiti dal professionista nell’anno d’imposta 2023 in questo caso ammonta a 86.000 euro, dei quali 66.000 euro (60.000 x 110%) quali compensi da superbonus oggetto dello sconto operato.

Appare evidente, dunque, in casi quali quello analizzato che a causare la fuoriuscita dal regime agevolato del contribuente sarà proprio il suddetto 10%.

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