Tassazione degli immobili. Continua a mancare una visione d’insieme

Situazioni contingenti, per lo più correlate alla necessità di contrastare alcune pratiche scorrette o condizioni di vantaggio fiscale tardivamente valutate come eccessive, hanno indotto il legislatore a modificare, con la legge di Bilancio 2024, alcuni limitati profili della tassazione degli immobili. Con l’art. 1, commi 63 e seguenti, della legge n. 213/2023, è stato in primo luogo rivisitato il regime di tassazione degli immobili adibiti a locazioni brevi.
Inoltre, innovando l’art. 67 TUIR, nel quale è stata inserita, dal comma 64 della legge n. 213/2023, la lettera b-bis) nel comma 1, n. 1, è stata modificata la tassazione delle plusvalenze da cessione di immobili che hanno fruito di crediti d’imposta per interventi di ristrutturazione diretti ad ottenere il miglioramento dell’efficienza energetica (ecobonus), ovvero per migliorare le classi di rischio sismico (sismabonus). La misura è finalizzata ad evitare la sommatoria irragionevole di vantaggi fiscali col rischio di poter favorire pratiche speculative.
Infine, un possibile effetto fiscale negativo può derivare dal comma 86 dell’art. 1 della legge n. 213/2023, che ha previsto, a seguito degli interventi sugli immobili, contemplati dall’art. 119 del D.L. n. 34/2020 e se sussistono i presupposti stabiliti dalla normativa catastale, l’obbligo di dichiarare le variazioni dello stato dei beni, e quindi ne può derivare un effetto incrementale sulla rendita catastale.
Con la prima misura, riguardante il regime di tassazione degli immobili adibiti a locazioni brevi, contenuta nel comma 63 citato, si è realizzata una perequazione, o meglio un’armonizzazione quantitativa, della tassazione dei redditi (rendite) provenienti dagli immobili a quella applicabile in linea generale alle rendite finanziarie (redditi di capitale o diversi), allineando così la misura dell’imposta sostitutiva (cedolare secca), pari al 26%, ridotta però al 21% in taluni casi ed applicabile su opzione del contribuente. Per evitare abusi agevolativi è previsto che l’imposta sostituiva del 21% sia riservata alla locazione di un solo appartamento indicato nella dichiarazione dei redditi. Se però viene superata la soglia di quattro appartamenti locati, l’attività locativa viene considerata svolta in forma imprenditoriale e, quindi, assoggettata alla relativa imposizione quale reddito d’impresa. Qualora intervengono quali intermediari delle attività locative soggetti non residenti in Italia, anche mediante piattaforme telematiche, gli adempimenti fiscali (versamenti della cedolare secca) devono essere eseguiti da costoro, avvalendosi delle eventuali loro stabili organizzazioni esistenti in Italia, se si tratta di soggetti extraUE, o in uno dei Paesi UE qualora i soggetti siano residenti nella UE: in quest’ultimo caso con facoltà di adempiere anche direttamente o mediante un rappresentante fiscale.

Le misure contenute nei commi da 64 a 66 dell’art. 1 della legge di Bilancio 2024 tendono, invece, a sterilizzare i vantaggi fiscali fruiti con i vari bonus edilizi qualora successivamente all’esecuzione delle opere agevolate, gli immobili beneficiati vengono ceduti entro un orizzonte temporale che potrebbe far presumere che gli interventi edilizi adottati siano stati frutto di intendimenti speculativi. Dopo aver fruito dei bonus edilizi, il contribuente potrebbe realizzare la plusvalenza derivante dalla vendita dell’immobile, prodotta per effetto delle migliorie dovute alla ristrutturazione o allo sconto ottenuto nell’acquisto, con esonero da tassazione in base alla normativa previgente.

Acquistare, ad esempio, nel caso più semplice, un’unità immobiliare fruendo del sisma bonus acquisti, che in taluni casi (es. monolocali o piccole unità abitative) potrebbe permettere, beneficiando della misura massima del bonus di 105.600 euro (110% della spesa massima ammissibile di 96.000 euro), di avere un costo zero dell’immobile, e quindi la sua rivendita oltre il periodo di intassabilità di cinque anni, finora previsto dell’art. 67, comma 1, TUIR, permetterebbe di lucrare un margine di guadagno non tassato.
Pratiche commerciali di questo genere inducono a ritenere che obiettivo dell’operazione eseguita non è stato l’acquisizione di immobili sismicamente molto più sicuri o la ristrutturazione energetica, ma quello di perseguire una cosciente attività speculativa che farebbe perno sull’esclusione dalla tassazione delle plusvalenze ottenute, se la vendita ha luogo successivamente ad un quinquennio dall’acquisto. Tanto più che non è previsto un limite in termini di unità immobiliari acquistabili o ristrutturabili. Si giustifica perciò la modifica che prevede la tassazione delle plusvalenze da cessione degli immobili sui quali siano stati eseguiti gli interventi agevolati di cui all’art. 119 del D.L. n. 34/2020 che si sono conclusi non oltre dieci anni dalla data della cessione. Sono esclusi da tale estensione temporale, proprio perché manca l’intento speculativo, gli immobili ricevuti in successione e quelli adibiti ad abitazione principale per la maggior parte dei dieci anni precedenti alla cessione. Quest’ultima generica previsione rischia però di generare confusione ed incertezze applicative e per questo era stata richiesta, in sede parlamentare ma senza esito, una maggiore precisazione.

Anche nella determinazione della base imponibile della plusvalenza ex art. 67 cit. è stato necessario intervenire per evitare la sua riduzione per effetto del conteggio nei costi sostenuti in relazione al bene anche delle spese relative agli interventi eseguiti qualora siano stati ultimati non oltre un quinquennio dalla cessione del bene. Infatti, se l’immobile ha fruito di qualsiasi tipo di bonus edilizio e si è, quindi, valorizzato per effetto delle spese sostenute, in sostanza le spese relative non rimaste a carico del soggetto e quindi la plusvalenza conseguita va determinata senza considerare le spese agevolate dal bonus. Il comma 64 della legge di Bilancio 2024 dispone, infatti, che, ai fini della determinazione dei costi inerenti agli anzidetti immobili, qualora gli interventi agevolati si siano conclusi da non più di cinque anni all’atto della cessione, non si tiene conto delle relative spese, limitatamente all’ipotesi in cui si sia fruito dell’incentivo nella misura del 110% e siano state esercitate le opzioni permesse (sconto o cessione del credito). Per ragguagliare tale limitazione al fattore tempo intercorrente tra il sostenimento di tali spese e la cessione, la norma stabilisce, per gli interventi della specie conclusi da più di cinque anni rispetto alla cessione, che nella determinazione dei costi inerenti al bene si tiene conto del 50% delle spese stesse. Non si comprende, però, perché la norma limiti la sua operatività ai soli interventi fruenti del superbonus 110% e non sia, invece, estesa a tutte le tipologie ordinarie di ristrutturazione. Un parziale recupero viene concesso se i beni che risultano acquistati o costruiti da oltre cinque anni dalla data della cessione, ammettendo la rivalutazione del prezzo di acquisto o del costo di costruzione così determinato in base alla variazione dell’indice dei prezzi ISTAT al consumo. La modifica è rilevante, questa volta, per tutti i tipi di intervento che fruiscono dei bonus edilizi quale che ne sia la misura percentuale o la modalità (detrazione in dichiarazione, sconto in fattura e cessione).

È infine concessa la facoltà, dal comma 65, di applicare alle plusvalenze imponibili, in sede di atto notarile, l’imposta sostitutiva del 26%. Considerata la ratio della norma è da ritenere che riguardi tutti gli interventi ammessi ai bonus o superbonus e, quindi, tanto quelli trainanti che quelli trainati, non essendovi alcuna ragione per discriminarli.

Resta in ogni caso da verificare se le misure legislative adottate si dimostreranno realmente adeguate allo scopo. Da una parte quello di evitare un irragionevole vantaggio per le locazioni brevi (tali sono quelle ad uso abitativo con durata non superiore a 30 giorni), con possibili effetti distorsivi della concorrenza rispetto alle gestioni imprenditoriali delle attività alberghiere, considerando che per il 2023 è stimato in circa 11 miliardi di euro il relativo valore di prenotazione. Dall’altra quello di evitare che si produca un doppio vantaggio fiscale con la fruizione dei bonus edilizi e col riconoscimento della esclusione della tassazione delle plusvalenze ultra quinquennali.

Sta di fatto che le misure della legge di Bilancio 2024 appaiono più interventi per evitare storture fiscali di un sistema imperfetto che coerenti adeguamenti nell’ambito di una visione d’insieme della tassazione immobiliare, tanto che il titolo della sezione I della legge contempla “misure quantitative” e non di sistema. Manca per altro nella riforma tributaria in corso di attuazione, la previsione proprio di un Testo Unico della tassazione degli immobili che conferisca unitarietà e sistematicità alla materia.

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