Tassazione separatea per le indennità aggiuntive di fine servizio erogate da un Fondo di previdenza
- 8 Settembre 2023
- Posted by: Studio Pozzan
- Categoria: News Commercialista
L’Agenzia delle Entrate ha pubblicato la risposta n. 425 dell’8 settembre 2023 in tema di trattamento fiscale delle indennità aggiuntive di fine servizio erogate da un Fondo di previdenza alimentato in gran parte da premi di produttività o incentivi all’attività d’istituto.
L’Amministrazione finanziaria ha fornito chiarimenti in merito alle prestazioni erogate al momento della cessazione del rapporto di lavoro. In particolare, la citata circolare n. 2 del 1986 (parte prima) ha chiarito che le indennità equipollenti, comunque denominate, commisurate alla durata dei rapporti di lavoro dipendente sono quelle spettanti ai pubblici dipendenti e, in specie, stante la codificata equipollenza, ovvero equivalenza con il TFR, quelle corrisposte in ogni caso in cui venga a cessare il rapporto di pubblico impiego o l’appartenenza ad una generale categoria di detto settore (ad es. l’indennità di buonuscita).
Il documento di prassi ha specificato che, ove il dipendente abbia diritto a più indennità, il carattere di indennità ”equipollente” non potrà che essere assegnato a quella ”principale”, spettante per il rapporto di pubblico impiego che lega il beneficiario all’ente o organismo di appartenenza.
Più precisamente, la circolare ha precisato che non è, infatti, ipotizzabile che, in presenza di una pluralità di indennità, tutte siano qualificabili come ”equipollenti” al T.F.R.. Poiché, infatti, questo è unico pertutti i lavoratorisubordinati diversi dai pubblici dipendenti, analoga valutazione va fatta anche con riguardo ai pubblici dipendenti, privilegiando l’indennità che presenta i caratteri sopra descritti, ai fini della sua assimilazione al T.F.R.
Per quanto attiene alle «altre indennità e somme percepite una volta tanto in dipendenza della cessazione dei predetti rapporti», la medesima circolare n. 2 del 1986 (parte terza) ha chiarito come, in linea di principio, si tratti di emolumenti sia del comparto privato che di quello pubblico erogati in connessione al verificarsi della cessazione del rapporto di lavoro, comprese le indennità commisurate alla durata del rapporto stesso e che sono corrisposte anche da soggetti diversi dal datore di lavoro vero e proprio.
Il citato documento di prassi ha affermato che per il settore pubblico, ove normalmente non sono previste indennità, premi ed erogazioni aggiuntive dell’indennità di fine rapporto spettante in via principale, le ”altre indennità e somme” si compendiano essenzialmente negli emolumenti erogati da Fondi o Casse di Previdenza che, per ciascuna categoria di pubblici dipendenti, di solito corrispondono un trattamento aggiuntivo di fine rapporto, ragguagliato per lo più agli anni di effettivo servizio prestato presso l’Amministrazione che eroga il trattamento.
È, al riguardo, irrilevante che gli emolumenti siano erogati da un Ente o Cassa dotati o meno di personalità giuridica propria, e che l’adesione del pubblico dipendente all’Ente o alla Cassa derivi da iscrizione automatica (ope legis) ovvero volontaria.
In linea con la suddetta interpretazione, precedentemente si è ritenuto che la ”indennità” di cui trattasi rientrasse nell’ambito di dette ”altre indennità somme”, costituendo un’indennità integrativa di quella principale (indennità di buonuscita) corrisposta dall’Inps.
Deve essere rilevato, tuttavia, che nel corso degli anni è stata fatta valere in giudizio da numerosi contribuenti una tesi contraria a tale orientamento, sulla base della quale le somme erogate dall’Ente sarebbero, invece, assimilabili alle ”indennità equipollenti” al trattamento di fine rapporto ed assoggettate a tassazione separata in base al combinato disposto di cui agli articoli 17, comma 1, lettera a), e 19, comma 2bis, del Tuir.
La Corte di cassazione è intervenuta, con numerose pronunce, affermando che l’indennità in parola è qualificabile come ”equipollente” al TFR.
Tenuto conto che l’indirizzo consolidato nella giurisprudenza di legittimità, si pone in contrasto con la prassi dell’Amministrazione finanziaria, l’Agenzia delle Entrate ha formulato sulla questione una richiesta di parere all’Avvocatura Generale dello Stato che, con nota prot. n. 168969/2023, ha in primo luogo ricordato che l’Ente, oltre a corrispondere in favore dei propri iscritti prestazioni assistenziali (sovvenzioni per malattia, anticipazioni, ecc.), eroga in favore dei medesimi quando cessano di far parte dell’Amministrazione per qualsiasi causa (ovvero in favore degli aventi diritto, se gli iscritti sono deceduti durante il servizio), un’indennità, ragguagliata agli anni di servizio civile di ruolo e non di ruolo prestato, ivi compresi i periodi di assenza valutabili ai fini della pensione, in base a quanto previsto dagli articoli 4 e 6 del regolamento.
L’Organo legale sottolinea, quindi, che per espressa previsione normativa, la natura giuridica dell’Ente in questione è di ”fondo di previdenza”, alimentato in massima parte da premi di produttività o incentivi all’attività d’istituto.
L’Avvocatura rileva che sulla base delle ultime pronunce della Suprema Corte (ordinanze 10/09/2020, n. 18715, 15/11/2021, n. 34231, 10/09/2020, n. 18715, 17/01/2020, n. 917) la posizione consolidata della Corte di cassazione può sintetizzarsi nelle seguenti affermazioni:
l’indennità erogata al dipendente, all’atto della cessazione dal servizio, dal Fondo di previdenza ha funzione previdenziale ed è assimilabile all’indennità equipollente di cui al D.P.R. n. 917 del 1986, art. 17, comma 1, rappresentando una forma di retribuzione differita con applicazione di tassazione separata e non integrale, essendo la composizione del fondo costituito in massima parte da premi di produttività o da incentivi da parte dell’istituto (cfr. sez. V, n. 19859 del 2016 e n. 25396 del 2017, richiamate da n. 5330 del 2019)?
va applicata la tassazione (separata) prevista dal T.U.I.R. escludendosi che trattasi di contributi diretti a carico del dipendente e da questi interamente versati al fondo previdenziale, ed esclusi, tout court, dalla tassazione.
Ai fini della determinazione della base imponibile, l’Avvocatura Generale dello Stato conclude che il fondo ha natura composita, ma non riviene direttamente da contributi versati dai lavoratori, e dunque non va applicato il criterio di riduzione del calcolo dell’imponibile previsto dall’art. 19, comma 2bis, ultimo periodo, del T.U.I.R., (stante, per l’appunto, l’assenza di quote contributive a carico del dipendente) mentre va riconosciuta la deduzione forfettaria di cui al primo periodo del citato art. 19, comma 2bis del T.U.I.R.