Tax expenditures. Una giungla da riesplorare

La prossima Manovra finanziaria si preannuncia difficile. Solo per confermare le misure per il 2024, tra cui soprattutto la fiscalizzazione degli oneri sociali e i tre scaglioni IRPEF, serviranno 18 miliardi. Sarà inevitabile riesplorare la giungla delle spese fiscali. Ma se per quelle, più numerose e fantasiose, può bastare un esame del ruolo svolto nel settore di specifica applicazione, per quelle che comportano le maggiori perdite di gettito è necessario interrogarsi su aspetti strutturali del sistema tributario e non solo tributario. I casi dell’edilizia e della sanità.

Le spese fiscali, o tax expenditures, sono quell’insieme di misure attraverso le quali si riconosce ai contribuenti una qualsiasi forma di esenzione, esclusione, riduzione dell’imponibile o dell’imposta, ovvero un regime di favore rispetto ad una regola di riferimento (benchmark). Esse, come ricorda un recente documento dell’Ufficio parlamentare di bilancio (Detrazioni e agevolazioni fiscali: analisi dei recenti interventi normativi, aprile 2024) da cui traiamo questa definizione, da tempo, in Italia come altrove, sono discusse e criticate in quanto fonte di riduzioni di gettito, ostacolo alla trasparenza dei sistemi tributari e causa di distorsioni. Queste, le distorsioni, riguarderanno sia l’applicazione dell’intelaiatura del sistema tributario, sia la stessa “allocazione” delle risorse (il tema centrale di un’economia supposta razionale).

Dunque, le spese fiscali non godono di grande reputazione tra i tecnici e gli economisti. Sennonché, con riguardo all’Italia, anche l’ultima indagine sulla materia (Rapporto annuale sulle spese fiscali, allegato alla Nadef 2023) conteggia un numero enorme di voci riconducibili alle spese fiscali, ben 625 (non tutte ancora vigenti nel 2024), per un probabile mancato gettito vicino 100 miliardi (attorno ai 6 punti di Pil). Il legislatore fiscale è dunque affezionato allo strumento e dimostra in materia una notevole inventiva, dato che la maggior parte di detrazione, esclusioni, riduzioni e simili riguardano gruppi limitati di contribuenti e settori produttivi o di attività sociale circoscritti. In questi casi, di solito, anche i mancati gettiti sono singolarmente di trascurabile o scarsa entità. Le spese fiscali quando riducono gli imponibili sono un male in sé (contribuiscono a concentrare il prelievo sui redditi e sui consumi non agevolati), ma le categorie e i gruppi di interesse che costantemente chiedono specifiche agevolazioni fiscali nell’ottenerle accendono un debito con gli esponenti politici e i partiti più vicini alle loro istanze, debito poi ripagato da voti e altre forme di sostegno.

La proliferazione delle spese fiscali ha molto a che fare con le storture che nelle decisioni collettive si determinano quando i benefici di una determinata politica (policy) sono concentrati, mentre i relativi costi sono dispersi sull’intera platea dei contribuenti e degli operatori economici. Inoltre, più o meno sempre, quale che sia l’obiettivo di una determinata facilitazione fiscale, esiste l’alternativa della spesa pubblica (in senso proprio), cioè prevedere un bonus o un’erogazione a sostegno dei soggetti e dei settori che si vogliono tutelare. Molti sostengono che la via del G (la lettera con cui nei modelli economici si individua la spesa pubblica) sia preferibile a quella del T (prelievo tributario) sia in termini di trasparenza e di valutazione dei costi. Rimane che nel mercato politico parlare di riduzione delle tasse fa premio su ogni altra considerazione. Il caso italiano, dove talora i toni del discorso pubblico raggiungono i caratteri della fobia, rientra appieno in questo quadro.

Messi da parte gli eccessi e le bagatelle, però, non si può non riconoscere che le spese fiscali sono un aspetto strutturale del sistema di finanza pubblica dal lato dell’entrata, senza dimenticare qualche importante riflesso sul lato della spesa con particolare riguardo al sistema di welfare state. Le 207 (vigenti 184) misure agevolative che sono state censite come riconducibili all’IRPEF arrecano al tributo un notevole carico di complessità che può e deve essere ridotto, salvaguardando però le caratteristiche di progressività che l’IRPEF, ora a sole tre aliquote, mantiene proprio grazie alle agevolazioni. Le detrazioni sanitarie non possono essere viste solo come una tecnicalità tributaria, dato che in qualche misura possono influire sul perimetro della sanità privata rispetto alla pubblica. Non c’è chi non veda che su temi di questo tipo presupposti e tendenze politiche hanno la meglio su criteri puramente economici e tecnici.

Nel 2023 si discusse molto di spese fiscali, dentro e fuori i confini nazionali. In particolare, il Country report sull’Italia del Fmi (pubblicato in luglio) menziona, più volte, le tax expenditures come una caratteristica negativa del nostro sistema sia per l’elevato numero, sia per l’incertezza che esse generano nel contribuente in quanto temporanee o soggette a frequenti modificazioni. Confindustria, nel sollecitare la conferma della fiscalizzazione dei contributi sociali (come effettivamente prevista dalla legge di Bilancio), indicava nell’intrico delle agevolazioni fiscali la possibile e più idonea forma di copertura. Dal canto suo il Governo manifestava grande attenzione all’argomento, indicandolo come tra i più qualificanti della riforma fiscale. Richiami alla razionalizzazione e alla riduzione delle spese fiscali sono presenti da ultimo anche nel DEF (Programma nazionale di riforma) dello scorso aprile.

Benché auspicati su larga scala, nel 2023 gli interventi nella materia in oggetto hanno riguardato soltanto due temi: a) superbonus e altre agevolazioni edilizie; b) detrazioni IRPEF.

Sul superbonus e altre misure in campo edilizio il dibattito è in corso da anni con toni troppo schierati da una parte e dall’altra. Comunque sia con il D.L. n. 11/2023 si è arginato lo scivolamento costituito dalla cessione del credito e con altri provvedimenti si sono ridotte le quote delle detrazioni. La situazione all’inizio del 2024 è riassumibile come segue: per le ristrutturazioni edilizie fino al 31 dicembre 2024 vale la percentuale di detrazione del 50%, per le riqualificazioni energetiche le percentuali partono dal 50% fino all’85% a seconda dell’intervento, per il superbonus la detrazione scende al 70% nel 2024 e al 65% nel 2025. Gli effetti finanziari (IRPEF e IRES) di tutta la normativa pur così rettificata vanno dai 38 ai 41 miliardi per ciascuno dei tre anni dal 2024 al 2026 (si veda il Rapporto annuale cit., p. 16). La riduzione al di sotto del 100% del tasso di copertura delle spese operata dalle detrazioni rimuove uno dei difetti più emblematici del superbonus che è l’assenza del contrasto di interessi tra committente e impresa fornitrice dei lavori e del materiale. Le perdite di gettito sono certamente ingenti, tuttavia dovrebbero essere giudicate anche in relazione a quanto comporta qualche altra spesa fiscale nel settore dell’edilizia. Per esempio, la sola deduzione dall’IRPEF del valore catastale della prima casa “costa” 3,6 miliardi a regime (cioè, il calo di gettito si ripete da anni ed è permanente, salvo nuovo avviso). Mentre gli sconti fiscali per ristrutturazioni sono incentivi agli investimenti, con un’aggiunta certa alla domanda aggregata, l’assenza di tassazione sull’immobile è un premio al reddito da capitale con effetti incerti sulla domanda aggregata.
Sulle detrazioni IRPEF al 19% è intervenuto il D.L.gs. n. 216/2023, che per la verità non sfoltisce le fattispecie in relazione alle quali è ammessa la detrazione (art. 15 TUIR), ma sterilizza il vantaggio che il passaggio alle tre aliquote IRPEF assegna ai redditi sopra i 50.000 euro (tassati al 43%). Per questi contribuenti la somma delle detrazioni va diminuita di 230 euro; la somma non comprende le detrazioni derivanti da spese mediche. I contribuenti interessati si aggirano attorno al 1,5 milioni, per un effetto sul gettito di poche centinaia di milioni di euro. Di passaggio, per mostrare quanto sia difficile tenere fede ai propositi di semplificazione si potrebbe notare che il D.Lgs. n. 216/2023, mentre all’art. 2 introduce la novità ora descritta, all’art. 4 introduce un’ulteriore agevolazione (per le assunzioni a tempo indeterminato).

In termini di perdita di gettito le detrazioni IRPEF per oneri e erogazioni liberali, nelle stime del Rapporto sulle spese fiscali, sarebbero attorno al 6% del totale delle spese fiscali, un importo dovuto per oltre il 90% a spese sanitarie, interessi sui mutui, spese per istruzione, assicurazioni e spese funebri. L’Ufficio parlamentare del bilancio (Detrazioni e agevolazioni cit.) calcola però che i 2/3 sono rappresentati dagli oneri sanitari.

Nel 2021 (ultimo anno di cui sono disponibili le statistiche sulle dichiarazioni dei redditi) le detrazioni sanitarie erano utilizzate da 19 milioni di contribuenti. Non c’è ragione per pensare che questo dato sia granché mutato. Rispetto ad allora, oggi (2024) è aumentato notevolmente l’importo. Relativamente ai redditi 2021 le spese sanitarie detraibili esposte in dichiarazione ammontano a 24 miliardi (al lordo della franchigia di 129 euro) che, data la pervasività dell’IRPEF, dovrebbero essere una cifra prossima della spesa sanitaria privata. Attualmente però, anche a causa delle difficoltà del Servizio sanitario nazionale, abbondantemente sotto finanziato, la spesa sanitaria privata è valutata ben oltre i 40 miliardi.

Per fruire delle detrazioni è anzitutto necessario essere capienti, e poi aiuta avere un mutuo ipotecario, i figli all’università e una certa predisposizione alle liberalità. Per varie ragioni a trarre beneficio sono soprattutto i contribuenti sopra i 50.000 euro (residenti nelle Regioni settentrionali); per quelli al di sotto (ma capienti) la detrazione più consistente riguarda la sanità, il cui consumo cresce al crescere del reddito (fino a contribuire a determinare una differenza nelle speranze di vita tra ricchi e poveri, a favore dei primi).

In direzione del ridimensionamento delle spese fiscali da quanto innovato in tema di detrazioni il risultato è per il momento assai modesto. Nel campo delle detrazioni per oneri, per ottenere risultati tangibili bisogna affrontare la questione della sanità nella sua ottica complessiva, partendo dalla considerazione che esse sono allo stesso tempo un finanziamento importante della sanità privata e una mancata fonte di sostegno al Sistema sanitario nazionale, ora in sofferenza.

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