Testi Unici e Codice tributario: cambio di rotta verso la semplificazione del sistema fiscale

Si svolge oggi, a Milano e in live streaming, il XIII Forum One FISCALE, dedicato a “L’attuazione della delega fiscale in materia di operazioni straordinarie e accertamento”.

Il Presidente del Consiglio Nazionale dei Dottori Commercialisti e degli Esperti contabili, Elbano de Nuccio, anticipa a IPSOA Quotidiano i temi al centro del suo intervento.

La riforma fiscale sta procedendo con ritmo serrato: a suo giudizio quale fra i decreti attuativi approvati rappresenta più di tutti lo spirito della Riforma?

Il nuovo approccio ai controlli dell’amministrazione finanziaria a cui si ricollega una visione più moderna ed evoluta del rapporto Fisco-Contribuente costituisce, a mio avviso, il fattore distintivo della riforma tributaria in corso di attuazione.

Tali istituti condividono infatti la medesima ratio ispiratrice fondata su un radicale cambio di paradigma nell’azione di contrasto all’evasione e nel rapporto Fisco-Contribuente che implica il passaggio da una logica repressiva, di controllo verticale successivo, a una più collaborativa, di dialogo orizzontale preventivo, maggiormente in linea con una visione moderna del rapporto tributario.

In tale contesto, il ruolo dei commercialisti – come sempre accade per le questioni fiscali – sarà fondamentale. Basti ricordare che i commercialisti, insieme agli avvocati, sono gli unici professionisti abilitati al rilascio della certificazione del Tax Control Framework nell’ambito della cooperative compliance.

Mi piace anche ricordare che questa impostazione di allargamento degli strumenti di dialogo preventivo per la gestione dei rischi fiscali delle imprese a cui si accompagna una più puntuale perimetrazione dei soggetti abilitati a occuparsene per conto delle imprese nei rapporti con l’Amministrazione finanziaria, rispecchia e recepisce le indicazioni fornite in tal senso dal Consiglio nazionale dei commercialisti in sede di definizione dei criteri direttivi della legge delega che – sono certo – darà ottimi risultati, in quanto permetterà di creare un clima di maggiore fiducia che è essenziale per la crescita e lo sviluppo del Paese, per la sua maggiore competitività a livello internazionale, così come per le imprese e i professionisti che vi operano.

Qual è, a suo parere, il valore aggiunto dalla riforma per i professionisti che rappresenta?

La portata innovativa del percorso avviato con la riforma in fase di attuazione poggia le sue basi anche sulla valorizzazione del ruolo dei commercialisti e sull’affidamento che viene riposto nelle loro competenze specialistiche in materia fiscale e in quelle economico-aziendali.

Ne costituiscono un “plastico” esempio il riconoscimento, come già ricordato, della competenza esclusiva per la certificazione del Tax Control Framework nell’ambito della cooperative compliance nonché di quella per la certificazione prevista dalla legge delega per beneficiare di una più accentuata riduzione del doppio binario civilistico/fiscale nella determinazione del reddito d’impresa.

Ma quel che più conta, nell’ottica del sistema ordinistico che rappresento, è che il legislatore abbia riconosciuto tali competenze senza richiedere in alcun modo l’istituzione di nuovi albi o elenchi, a differenza di quanto invece fatto, ahimè maldestramente, in un recente passato in altri settori dell’ordinamento.

Se un’impresa vorrà interfacciarsi con l’Agenzia delle Entrate nel quadro dell’adempimento collaborativo dovrà quindi necessariamente rivolgersi a un commercialista o a un avvocato. Non a una società di revisione, a un’associazione di categoria o a una società tra professionisti con requisiti dimensionali minimi, oppure a un singolo professionista ma iscritto nell’ennesimo elenco speciale ministeriale, ma solo a un commercialista o a un avvocato iscritto al proprio ordine professionale.

Solo poco tempo fa sarebbe stato difficile immaginare un simile riconoscimento di competenza riservata alla nostra categoria professionale.

In tale contesto, la prospettiva di dover partecipare a percorsi formativi mirati all’istituto dell’adempimento collaborativo, “gomito a gomito” tra tutti i suoi protagonisti, ossia commercialisti, avvocati e funzionari dell’Agenzia delle Entrate, costituisce tutto fuorché la negazione di quella competenza a chi tra i protagonisti è stato incluso, bensì il suo affinamento opportuno e doveroso in un contesto di dialettica e confronto.

Sono anche convinto che questa prospettiva professionale, grazie all’allargamento della platea dei soggetti interessati al regime e agli ancora ampi margini di miglioramento della disciplina, a partire dai vantaggi che devono essere riconosciuti ai contribuenti “sotto soglia” che sceglieranno in via volontaria di dotarsi di un sistema di rilevazione e controllo dei rischi fiscali (Tax Control Framework), non riguarderà soltanto un cerchia ristretta di commercialisti, ma potrà interessare una platea ben più ampia di colleghi.

Come cambierà il rapporto tra Fisco e contribuenti a seguito delle norme riformate?

Il fil rouge che unisce gran parte degli interventi previsti dalla legge delega di riforma del sistema fiscale è quello di garantire un più equilibrato rapporto tra Contribuenti e Amministrazione finanziaria.

Un nuovo patto Fisco-Contribuente basato sulla reciproca fiducia e sul riequilibrio dei rapporti e che crei le premesse di una crescita economica realmente sostenibile.

Mi riferisco all’estensione dell’obbligo di contraddittorio preventivo con l’annullabilità dell’atto emanato in sua violazione, alla previsione del diritto di accesso agli atti del procedimento tributario, così come al potenziamento dell’autotutela e al rafforzamento dell’obbligo di motivazione degli atti impositivi, anche mediante l’indicazione delle prove su cui si fonda la pretesa fiscale, alla maggiore proporzionalità delle sanzioni, anche grazie a una più efficace regolamentazione del principio del ne bis in idem.

Restano tuttavia sul tappeto alcune criticità che, se non opportunamente risolte, rischiano di rendere meno incisivo l’impatto della riforma sul tanto delicato rapporto Fisco-Contribuente, a partire dalla mancata previsione dell’impugnabilità del diniego tacito di autotutela facoltativa e dal timido riconoscimento del diritto di accesso agli atti nell’ambito del contraddittorio preventivo fino ad arrivare alla necessità di rafforzare i poteri del nuovo Garante nazionale del Contribuente.

Ma, anche su questi ultimi aspetti, sono fiducioso che grazie alla sensibilità e all’attenzione che il viceministro Leo ha sempre dimostrato e che non farà mancare anche in tale occasione, sarà possibile intervenire con specifiche disposizioni correttive per superare le criticità emergenti dalla nuova disciplina.

Non meno importante poi per un più equilibrato rapporto tributario è il tema della semplificazione.

È noto che tra le principali questioni irrisolte della fiscalità del nostro Paese vi è certamente l’eccessivo numero degli adempimenti e l’estrema complessità della normativa che, per effetto dei costanti rimaneggiamenti cui è sottoposta e di un legal drafting negli ultimi anni sempre più approssimativo e incerto, ha prodotto un sistema tributario divenuto ormai disorganico, irrazionale, difficile da interpretare e, in ultima analisi, privo delle caratteristiche proprie di un ordinamento, di un insieme, cioè, coordinato di atti normativi.

Per tale motivo, è importante aver incluso tra gli obiettivi prioritari della riforma il riordino organico e sistematico delle disposizioni che regolano il sistema fiscale, apportando le necessarie modifiche per migliorarne la coerenza giuridica, logica e sistematica, e abrogando le disposizioni incompatibili o non più attuali.

Il primo passo per un deciso cambio di rotta in tal senso è stato fatto, la scorsa settimana, con la pubblicazione di nove Testi unici con cui le norme vigenti del sistema tributario sono state riorganizzate e coordinate per settori omogenei, abrogando le disposizioni non più attuali, nell’ottica di semplificare e migliorare la chiarezza delle regole fiscali.

La pubblica consultazione, che resterà aperta fino al prossimo 13 maggio, consentirà a tutti gli operatori interessati, e anche a noi professionisti, di inviare le osservazioni e le proposte di modifica, che potranno essere recepite nelle versioni definitive dei Testi unici.

Il passo successivo, ancora più ambizioso, sarà la redazione di un vero e proprio Codice tributario, articolato in una parte generale, sugli adempimenti e sulle procedure, e una parte speciale, sui singoli tributi, che risponde all’esigenza di semplificare e razionalizzare il sistema tributario, migliorare la chiarezza e la conoscibilità delle norme fiscali e la certezza dei rapporti giuridici.

Nel diritto (non solo quello tributario), la forma è sostanza.

Senza un’opera di codificazione e sistematizzazione dei testi normativi, anche di ordine formale – che deve essere anzitutto il legislatore a imporsi – sarà infatti sempre difficile realizzare un’effettiva semplificazione del nostro sistema fiscale che sia stabile e duratura.

Nella procedura di concordato preventivo biennale quale ritiene sia il ruolo dei commercialisti?

I commercialisti saranno certamente “centrali” anche nella gestione del concordato preventivo.

Il compito principale che, specialmente in questa fase di prima applicazione del nuovo istituto, avremo noi professionisti sarà quello di far comprendere ai contribuenti interessati che il concordato non è un condono e che la sua adozione, proprio per questo, se può comportare dei vantaggi per coloro che prevedono una crescita della propria redditività nei prossimi anni, comporta anche dei rischi, in particolare per coloro che “ragionano” in termini di condono.

Sarà infatti fondamentale far capire che la protezione, entro certi limiti, dagli accertamenti che viene riconosciuta a chi aderisce al concordato, non equivale a una protezione anche dai controlli dell’Amministrazione finanziaria, che invece potranno essere svolti secondo le regole ordinarie.

Si tratta di un aspetto fondamentale che occorre mettere bene in evidenza in quanto la disciplina prevede anche la decadenza dal concordato in caso di accertamento di maggiori ricavi o di costi inesistenti o indeducibili per un importo superiore al 30% dei ricavi o compensi dichiarati.

I commercialisti dovranno assistere i contribuenti non solo nelle valutazioni di convenienza da effettuare in sede di scelta se accettare o meno la proposta dell’Agenzia delle Entrate, ma anche nel fornire il quadro completo di tutte le regole di funzionamento del nuovo istituto, a partire dai requisiti di accesso e dalle premialità riconosciute a chi aderisce, che si differenziano a seconda che si tratti di soggetti ISA o forfettari, per finire con le numerose cause di decadenza che comportano il venir meno degli effetti del concordato per l’intero periodo di sua validità (biennale per i soggetti ISA e annuale per i soggetti forfetari). 

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