Ad esempio, il trasferimento di beni a valori più bassi rispetto a quelli normalmente applicati sul libero mercato, può altresì avvenire con il precipuo scopo di consentire al contribuente di conquistare importanti porzioni di mercato, con successiva rivendita dei prodotti a prezzi altamente competitivi e creare valore aggiunto per il Gruppo multinazionale.
Tuttavia, tale pratica è anche rivolta ad ottenere un risparmio fiscale e trova il suo naturale presupposto nella circostanza che l’impresa del gruppo destinataria di maggiori utili (c.d. travaso di utili oltre frontiera), beneficia di un trattamento tributario più favorevole rispetto a quella originariamente titolare del reddito medesimo (cfr. Guardia di Finanza, circolare n. 1/2018, vol. III, pag. n. 367)
A livello internazionale, per valutare la congruità dei prezzi di trasferimento praticati nello scambio di beni o servizi infragruppo e, simmetricamente, il valore corretto da applicare nelle transazioni economiche e commerciali avvenute tra imprese appartenenti allo stesso Gruppo multinazionale, occorre invece fare riferimento al noto principio di libera concorrenza, enunciato dall’art. 9 del modello OCSE di convenzione (c.d. arm’s length principle), in base al quale il prezzo stabilito nelle transazioni commerciali intercorse tra imprese associate deve necessariamente corrispondere al prezzo che sarebbe stato convenuto tra imprese indipendenti, per transazioni identiche o similari sul libero mercato.
Onde accertare la congruità dei prezzi di trasferimento, rispetto ai principali concorrenti operanti nel libero mercato, occorre seguire un preciso iter procedurale, conosciuto tra gli addetti ai lavori come “analisi di comparabilità”.
Lo stesso procedimento consente anzitutto di ricercare le “imprese comparabili” operanti in un determinato mercato di riferimento, al fine di confrontare la politica di transfer pricing adottata dal singolo Gruppo multinazionale sottoposto a verifica, rispetto a quella perseguita dai soggetti terzi indipendenti.
Tuttavia, occorre considerare che tale comparazione risulta affidabile solo qualora funzioni, rischi e assets impiegati dai terzi indipendenti risultino similari a quelli impiegati dalle entità coinvolte nella transazione in verifica (cfr. Manuale in materia di contrasto all’evasione e alle frodi fiscali, circolare n. 1/2018 della Guardia di Finanza volume III – parte V – capitolo 11 “Il contrasto all’evasione e alle frodi fiscali di rilievi internazionale”, pag. 370).
A tale fine, per costruire un idoneo set documentale ai fini del transfer price. nell’ambito dell’analisi di comparabilità occorrerà anzitutto selezionare i soggetti comparabili che risultino idonei al contesto analizzato e, soprattutto, presentino importanti analogie sotto il profilo funzionale, rispetto alla singola multinazionale oggetto di analisi ai fini TP.
In tale ambito, occorrerà valutare la rilevanza dei seguenti fattori che caratterizzano i soggetti individuati come comparabili nel contesto della c.d. benchmarking analysis:
– caratteristiche dei beni e servizi;
– le funzioni svolte e rischi assunti;
– termini contrattuali;
– le condizioni economiche e le strategie perseguite della società.
In esito all’analisi esperita, sarà così possibile delineare compiutamente il profilo funzionale del soggetto economico (i.e. le funzioni svolte, i rischi assunti e beni strumentali utilizzati), in modo da comprendere se l’impresa individuata come soggetto comparabile sia o meno assimilabile a quella oggetto di verifica ai fini TP.
Sotto tale prospettiva, sarà dirimente individuare il settore economico in cui opera il terzo indipendente individuato come soggetto comparabile, se lo stesso ha natura di mero produttore di servizi, di distributore, di impresa commerciale, svolgendo determinate funzioni che possono direttamente e inevitabilmente influenzare la determinazione dei prezzi di trasferimento (es. costi per attività ricerca sviluppo, investimenti in spese di marketing, logistica e trasporto, garanzia e assistenza post vendita etc.)
Di contro, qualora invece le transazioni all’interno dell’intervallo di valori non dovessero avere lo stesso livello o grado di comparabilità rispetto all’operazione controllata, è necessario fare riferimento a “strumenti statistici”, al fine di restringere l’intervallo e, quindi, rafforzarne l’affidabilità, sempre che vi sia un numero significativo di operazioni.
Sia in caso si adotti l’intervallo pieno (c.d. “full range”), sia nel caso in cui sia invece necessario individuare un intervallo più ristretto basato su “strumenti statistici”, tutti i valori contenuti all’interno dell’intervallo devono essere considerati conformi al principio di libera concorrenza.
Pertanto, nel caso in cui l’indicatore finanziario selezionato dovesse ricadere all’interno di tale range di libera concorrenza (sia esso intervallo pieno o ristretto), non sarà necessario apportare alcuna rettifica.
Viceversa, se l’indicatore finanziario dovesse ricadere al di fuori dell’intervallo di libera concorrenza, l’impresa dovrà fornire idonea documentazione atta a dimostrare la conformità dell’indicatore utilizzato al principio di libera concorrenza al fine di evitare rettifiche.
SI riportano, a titolo esemplificativo, alcuni indicatori finanziari maggiormente utilizzati nella prassi operativa:
– ROI (utile operativo/attivo investito);
– ROS (utile operativo/vendite);
– ROTC (utile operativo/costi operativi);
– ROA (risultato operativo/attività);
– Berry Ratio (margine commerciale lordo/costi operativi);
– Margine profitto operativo (risultato operativo/valore della produzione).
Il set documentale ai fini TP e la penalty protection
Lo stesso ha integrato le precedenti direttive contenute nel provvedimento direttoriale n. 2010/137654, emanato in data 29 settembre 2010, che già conteneva le modalità pratiche di redazione del set documentale per il riscontro della conformità al valore normale dei prezzi di trasferimento praticati dalle imprese multinazionali.
Nel set documentale redatto ai fini TP, sulla scorta delle indicazioni tassativamente contenute nel provvedimento del 23 novembre 2020, le imprese multinazionali dovranno adeguatamente illustrare la propria politica di TP ivi compresi, eventualmente, anche gli impatti del Covid e, segnatamente:
– i termini contrattuali delle operazioni;
– le funzioni svolte da ciascuna delle parti coinvolte nelle operazioni, tenendo conto dei beni strumentali utilizzati e dei rischi assunti, inclusi il modo in cui queste funzioni si collegano alla più ampia generazione del valore all’interno del gruppo multinazionale cui le parti appartengono, le circostanze che caratterizzano l’operazione e le consuetudini del settore;
– le caratteristiche dei beni ceduti e dei servizi prestati;
– le circostanze economiche delle parti e le condizioni di mercato in cui esse operano;
– le strategie aziendali perseguite dalle parti.
Avuto riguardo alle principali novità, si segnala che il par. 5.1.2 del provvedimento direttoriale prevede che il Masterfile e la Documentazione Nazionale (costituenti la documentazione idonea ai fini TP), devono essere firmati dal legale rappresentante del contribuente o da un suo delegato mediante firma elettronica, con marca temporale da apporre entro la data di presentazione della dichiarazione dei redditi.
Inoltre, nel caso di verifica fiscale, la consegna della documentazione all’Amministrazione finanziaria deve essere effettuata entro e non oltre 20 giorni dalla relativa richiesta.
Qualora, infine, nel corso del controllo fiscale o di altra attività istruttoria emerga l’esigenza di disporre di informazioni supplementari o integrative, rispetto a quelle contenute nella documentazione già consegnata all’Amministrazione finanziaria, predisposta ai sensi del provvedimento direttoriale medesimo, le stesse devono essere fornite entro 7 giorni dalla richiesta, ovvero entro un periodo più ampio in funzione della complessità delle operazioni sottoposte ad analisi, sempreché tale periodo sia compatibile con i tempi del controllo.
Infine, le piccole e medie imprese hanno la facoltà di non aggiornare i dati relativi alle “operazioni infragruppo” della Documentazione Nazionale con riferimento ai due periodi d’imposta successivi a quello cui si riferisce detta documentazione, qualora l’analisi di comparabilità si basi su informazioni reperite da fonti pubblicamente disponibili e sempreché gli elementi richiesti dal provvedimento direttoriale (di cui al punto 2.1.2), non subiscano modifiche significative in detti periodi di imposta.
La rilevanza del set documentale ai fini penali tributari
Infatti, per espressa disposizione normativa, il delitto di dichiarazione infedele si realizza quando il contribuente, al fine di evadere le imposte, indica nelle pertinenti dichiarazioni dei redditi elementi attivi per un ammontare inferiore a quello effettivo o elementi passivi inesistenti, a condizione che siano superate le soglie di punibilità previse dalla norma penale.
a) l’imposta evasa è superiore, con riferimento a taluna delle singole imposte, a 100.000 euro;
b) l’ammontare complessivo degli elementi attivi sottratti all’imposizione, anche mediante indicazione di elementi passivi inesistenti, è superiore al 10% dell’ammontare complessivo degli elementi attivi indicati in dichiarazione, o, comunque, è superiore a euro due milioni.
Sul punto, occorre però considerare che il medesimo art. 4, comma 1-bis, prevede che ai fini dell’applicazione della disposizione del precedente comma 1, non si tiene conto della non corretta classificazione, della valutazione di elementi attivi o passivi oggettivamente esistenti, rispetto ai quali i criteri concretamente applicati sono stati comunque indicati nel bilancio ovvero in altra documentazione rilevante ai fini fiscali, della violazione dei criteri di determinazione dell’esercizio di competenza, della non inerenza, della non deducibilità di elementi passivi reali.
– per le rettifiche di costi, in quanto gli stessi non possono essere qualificati come “elementi passivi inesistenti”, anche nella particolare ipotesi di rettifiche operate in applicazione della normativa sul transfer pricing quali costi indeducibili dal reddito d’impresa;
La comunicazione del possesso della documentazione
La comunicazione del possesso della documentazione ai fini TP deve essere effettuata contestualmente alla presentazione della dichiarazione annuale dei redditi.
Tuttavia, qualora l’impresa multinazionale non sia riuscita a formalizzare la comunicazione del possesso della documentazione ai fini TP entro la scadenza del termine dichiarativo ordinario, la stessa potrà essere effettuata entro 90 giorni dal termine originariamente previsto per la presentazione della dichiarazione dei redditi.
In merito, la comunicazione del possesso della documentazione idonea deve essere effettuata con la presentazione della dichiarazione annuale dei redditi.
In questa circostanza, il Masterfile e la Documentazione Nazionale devono essere firmati dal legale rappresentante del contribuente, o da un suo delegato, mediante firma elettronica con marca temporale da apporre entro la data di effettiva presentazione della dichiarazione tardiva o della dichiarazione integrativa/sostitutiva.
a) abbia i requisiti sostanziali richiesti dalle norme di riferimento;
b) effettui la comunicazione ovvero esegua l’adempimento richiesto entro il termine di presentazione della prima dichiarazione utile;
Quindi, il contribuente può avvalersi della remissione in bonis per comunicare tardivamente il possesso della documentazione idonea prevista dal provvedimento, purché lo stesso abbia predisposto detta documentazione, compresa l’apposizione della firma elettronica con marca temporale, al più tardi entro il termine di 90 giorni dalla scadenza ordinaria di presentazione della dichiarazione annuale.
In conclusione, per le dichiarazioni relative al periodo d’imposta 2022, i contribuenti con esercizio coincidente con l’anno solare potranno formalizzare il set documentale TP entro il 28 febbraio 2024, comunicando il possesso nella dichiarazione dei redditi da presentare nei 90 giorni rispetto al termine ordinario.