Trasmissione delle dichiarazioni e visto di conformità: l’obbligo di identità soggettiva

La trasmissione telematica delle dichiarazioni può essere effettuata solo dal singolo professionista che ha apposto il visto di conformità o dall’associazione cui lo stesso appartiene e non può essere effettuata da altro professionista, anche se abilitato, della stessa associazione diverso da quello che ha apposto il visto sulle dichiarazioni. Lo ha chiarito l’Agenzia delle Entrate con la risoluzione n. 99 del 29 novembre 2019 con cui ha precisato quali siano le conseguenze nell’ipotesi di violazione dell’obbligo di identità soggettiva tra chi appone il visto di conformità e chi predispone e trasmette la dichiarazione.

L’Agenzia delle Entrate con la risoluzione n. 99 del 29 novembre 2019 ha finalmente chiarito ogni dubbio su chi sia il soggetto legittimato ad apporre il visto di conformità sulla dichiarazione da presentare.

Infatti, l’obbligatorietà dell’identità soggettiva tra chi appone il visto di conformità e chi trasmette la dichiarazione rappresentava una questione dibattuta, potendo per certuni l’alterità tra i due soggetti rappresentare e costituire solo una violazione meramente formale.

L’evoluzione del visto di conformità

Il visto di conformità col tempo ha assunto sempre maggiore rilevanza: infatti, non solo attesta la “conformità” dei dati contenuti nelle dichiarazioni alla documentazione e alle risultanze delle scritture contabili, nonché di queste ultime alla relativa documentazione contabili, ma è anche strumentale ad ottenere l’esonero dalla prestazione della garanzia in caso di richiesta di rimborso dell’eccedenza a credito IVA superiore a 30.000 euro o ad utilizzare in compensazione i crediti emergenti dalle dichiarazioni fiscali per importi superiori a 5.000 euro.

Appare quindi questione certamente importante individuare i soggetti legittimati ad apporre il visto di conformità.

Sul punto l’art.35, c. 3, del D. Lgs. n. 241 del 1997 prevede espressamente che i soggetti abilitati alla trasmissione telematica delle dichiarazioni, rilasciano, su richiesta dei contribuenti, il visto di conformità e l’asseverazione relativamente alle dichiarazioni da loro predisposte.

Quanto alla presentazione delle dichiarazioni in via telematica mediante il servizio telematico Entratel si considerano soggetti incaricati della trasmissione:

gli iscritti negli albi dei dottori commercialisti, dei ragionieri e dei periti commerciali e dei consulenti del lavoro;

-i soggetti iscritti alla data del 30 settembre 1993 nei ruoli di periti ed esperti tenuti dalle camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura per la subcategoria tributi, in possesso di diploma di laurea in giurisprudenza o in economia e commercio o equipollenti o diploma di ragioneria;

-le associazioni sindacali di categoria tra imprenditori;

-i centri di assistenza fiscale per le imprese e per i lavoratori dipendenti e pensionati;

-gli altri incaricati individuati con decreto del Ministro dell’economia e delle finanze.

L’identità soggettiva

La normativa sul punto stabilisce che i professionisti rilasciano il visto di conformità se hanno predisposto le dichiarazioni e tenuto le relative scritture contabili, chiarendo però che le dichiarazioni e le scritture contabili si intendono predisposte e tenute dal professionista anche quando sono predisposte e tenute direttamente dallo stesso contribuente o da una società di servizi di cui uno o più professionisti posseggono la maggioranza assoluta del capitale sociale, a condizione che tali attività siano effettuate sotto il diretto controllo e la responsabilità dello stesso professionista.

Quanto invece alla trasmissione della dichiarazione, occorre sottolineare che i soggetti incaricati della predisposizione delle dichiarazioni sono obbligati alla trasmissione in via telematica delle stesse.

Quindi per l’Agenzia delle Entrate è evidente l’obbligo di identità soggettiva tra chi appone il visto di conformità e chi predispone e trasmette la dichiarazione.

Ne consegue che la trasmissione telematica delle dichiarazioni possa essere effettuata solo dal singolo professionista che ha apposto il visto di conformità o dall’associazione cui lo stesso appartiene e non può essere effettuata da altro professionista, anche se abilitato, della stessa associazione diverso da quello che ha apposto il visto sulle dichiarazioni.

Cosa accade se chi tiene le scritture non può apporre il visto di conformità?

Nelle ipotesi in cui le scritture contabili siano tenute da un soggetto che non può apporre il visto di conformità, il contribuente può comunque rivolgersi a un CAF-imprese o a un professionista abilitato all’apposizione del visto.

In ogni caso questi soggetti devono svolgere i controlli e predisporre la dichiarazione. Quindi, il contribuente che intende ottenere il rilascio del visto di conformità deve comunque esibire al CAF o al professionista abilitato la documentazione necessaria per consentire la verifica della conformità dei dati esposti o da esporre nella dichiarazione. Quindi anche in questo caso è il soggetto che appone il visto che deve predisporre e trasmettere la dichiarazione.

La violazione delle norme sul visto di conformità

La nuova risoluzione dell’Agenzia delle Entrate chiarisce in modo puntuale quali siano le conseguenze nel caso di violazione delle norme sul visto di conformità.

Sul punto, è stato richiamato l’art. 3 del D.L. n. 50 del 2017 che ha previsto che nei casi di utilizzo in compensazione dei crediti, in violazione delle disposizioni in tema di visto di conformità, l’ufficio procede al recupero dell’ammontare dei crediti indebitamente utilizzati e a determinare le relative sanzioni.

Ne consegue che in caso di violazione delle norme sul visto di conformità, il contribuente:

-deve produrre idonea garanzia per ottenere il rimborso dei crediti IVA;

-è sanzionabile ai sensi dell’art. 13, c. 4, del d.lgs. n. 471 del 1997, con conseguente recupero del credito superiore a 5.000 euro, utilizzato in compensazione in violazione delle norme.

Invece, per il soggetto che ha apposto un visto su una dichiarazione poi non trasmessa dallo stesso oppure trasmesso una dichiarazione dallo stesso non vistata, trova applicazione l’articolo 39 del d.lgs. n. 241 del 1997, come modificato dall’articolo 7-bis, c. 1, lettera a) del D.L. n. 4 del 2019, che disciplina l’ipotesi di rilascio infedele del visto di conformità, nonché l’eventuale sospensione e inibizione dalla facoltà di rilasciare il visto di conformità.

Nel caso di visto di conformità infedele si applica al soggetto che lo rilascia la sanzione amministrativa da euro 258 ad euro 2.582 e se il visto infedele è relativo alla dichiarazione dei redditi presentata con le modalità di cui all’art. 13 del decreto del Ministro delle finanze n. 164 del 1999, i soggetti che rilasciano il visto di conformità infedele sono tenuti al pagamento di una somma pari al 30 per cento della maggiore imposta riscontrata, sempre che il visto infedele non sia stato indotto dalla condotta dolosa o gravemente colposa del contribuente.

La norma prevede inoltre che in caso di ripetute violazioni, o di violazioni particolarmente gravi, è disposta a carico dei soggetti che rilasciano il visto di conformità infedele la sospensione dalla facoltà di rilasciare il visto di conformità e l’asseverazione, per un periodo da uno a tre anni. In caso di ripetute violazioni commesse successivamente al periodo di sospensione, è disposta l’inibizione dalla facoltà di rilasciare il visto di conformità e l’asseverazione.

L’Agenzia delle Entrate chiarisce che comunque con riferimento alle condotte già poste in essere, gli uffici competenti valuteranno caso per caso la sussistenza dei presupposti per l’applicazione della tutela dell’affidamento e della buona fede e del c. 2 dell’art. 6 del D. Lgs. n. 472 del 1997 per cui non è punibile l’autore della violazione laddove sia determinata da obiettive condizioni di incertezza sulla portata e sull’ambito di applicazione, nonché da indeterminatezza dei modelli per la dichiarazione.

A cura della Redazione

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