Vecchi fabbricati “trasformati” in nuovi e criterio della prima occupazione: quale regime IVA per la cessione?
- 10 Marzo 2023
- Posted by: Studio Pozzan
- Categoria: News Commercialista
Il caso
La fattispecie risolta dalla Corte ha visto coinvolte due società di diritto belga, di cui la prima è la proprietaria del terreno sul quale era eretto il fabbricato che la seconda ha trasformato in appartamenti e uffici provvedendo, sempre su incarico della prima, alla successiva vendita.
Gli acquirenti hanno stipulato due distinti contratti, di cui uno con la prima società per la vendita di una porzione del vecchio fabbricato e della pertinente quota di terreno e l’altro con la seconda società per i lavori di ristrutturazione.
Le Autorità fiscali hanno ritenuto che l’operazione sia stata artificiosamente suddivisa al fine di ottenere un illegittimo vantaggio fiscale.
Ad avviso dei giudici di merito, la determinazione del carattere “nuovo” di un immobile comporta l’esercizio di un certo potere discrezionale in capo all’Amministrazione tributaria e l’attuazione della facoltà concessa agli Stati membri dall’art. 12, par. 2, della Direttiva n. 2006/112/CE non è necessaria per equiparare i fabbricati già esistenti che hanno subìto trasformazioni sufficientemente significative ai fabbricati “nuovi”.
Nel caso di specie, sarebbero stati costruiti nuovi fabbricati, idonei ad essere oggetto di una prima occupazione, con la conseguente esclusione dell’esenzione prevista per la cessione di immobili strumentali.
Giunta al vaglio dei giudici di legittimità, la controversia è stata sospesa per chiedere alla Corte di giustizia se, in base alla normativa comunitaria, qualora lo Stato membro non abbia determinato le modalità di applicazione del criterio della “prima occupazione” alla trasformazione di edifici, la cessione, dopo la trasformazione, di un fabbricato precedentemente oggetto di prima occupazione debba rimanere esente da IVA.
Il dubbio interpretativo
Il dubbio interpretativo è relativo alla portata degli artt. 12, par. 1 e 2, e 135, par. 1, lett. j), della Direttiva n. 2006/112/CE, non essendo chiaro se soltanto i fabbricati “nuovi”, vale a dire quelli che non sono stati ancora occupati, possano essere soggetti a IVA.
Potrebbe, infatti, assumersi che il fabbricato perda il carattere di novità sin dalla prima occupazione o dal primo utilizzo dato che lo Stato belga non si è avvalso della possibilità di definire le modalità di applicazione del criterio della “prima occupazione”, previsto dall’art. 12, par. 1, lett. a), della Direttiva n. 2006/112/CE, alle trasformazioni di edifici.
In assenza del recepimento, le Autorità competenti non potrebbero estendere la nozione di “prima occupazione” ad un fabbricato ristrutturato, già oggetto di una simile occupazione prima della sua trasformazione. |
Normativa comunitaria di riferimento
Ai sensi dell’art. 12, par. 1, lett. a), della Direttiva n. 2006/112/CE, gli Stati membri possono considerare soggetto passivo chiunque effettui, a titolo occasionale, la cessione, anteriormente alla prima occupazione, di un fabbricato o di una frazione di fabbricato e del suolo pertinente.
L’art. 135, par. 1, lett. j), della stessa Direttiva prevede l’esenzione IVA per le cessioni di fabbricati diversi da quelli di cui al citato art. 12, par. 1, lett. a), cioè i fabbricati la cui cessione sia effettuata anteriormente alla prima occupazione.
In sostanza, tali disposizioni operano una distinzione tra i vecchi fabbricati, la cui vendita non è in linea di principio soggetta a IVA, e i fabbricati nuovi, la cui vendita è imponibile, anche se effettuata nell’ambito di un’attività economica esercitata a titolo occasionale. |
Di conseguenza, la cessione, da parte di un soggetto passivo, di un fabbricato anteriormente alla sua prima occupazione è soggetta ad imposta, mentre la cessione di un fabbricato successiva alla prima occupazione ad un consumatore finale è esente.
La “ratio legis”
La “ratio legis” sottesa alla disciplina in esame è l’assenza relativa di “valore aggiunto” generato dalla vendita di un vecchio fabbricato.
Infatti, la vendita di un fabbricato successiva alla prima cessione ad un consumatore finale, che segna la fine del processo di produzione, non produce un valore aggiunto significativo ed è, quindi, almeno in via di principio, esente da imposta. |
I lavori preparatori della VI Direttiva CEE, che continuano ad essere pertinenti ai fini dell’interpretazione della Direttiva n. 2006/112/CE, precisano che il criterio della prima occupazione di un fabbricato va inteso come corrispondente a quello del primo utilizzo del bene da parte del proprietario o del locatario.
Tenuto conto che la cessione di un vecchio fabbricato che ha subìto una trasformazione genera, al pari della cessione di un fabbricato nuovo anteriormente alla sua prima occupazione, un “valore aggiunto”, essa soddisfa il criterio della prima occupazione di cui all’art. 12, par. 1, lett. a), della Direttiva n. 2006/112/CE ed è, soggetta a IVA.
I limiti applicativi per gli stati membri
Come rilevato dalla Corte, sebbene gli Stati membri siano autorizzati, in forza dell’art. 12, par. 2, della medesima Direttiva n. 2006/112/CE, a definire le modalità di applicazione del criterio della prima occupazione alle trasformazioni di edifici, tale disposizione non può essere interpretata ritenendo che gli Stati membri siano autorizzati a modificare la nozione di prima occupazione nelle loro legislazioni nazionali, a pena di compromettere il cd. “effetto utile” dell’esenzione prevista dall’art. 135, par. 1, lett. j), della Direttiva n. 2006/112/CE.
La giurisprudenza comunitaria ha così delineato la nozione di “trasformazione di edifici”, richiedendo che il fabbricato abbia subìto modifiche sostanziali intese a variarne l’uso o a cambiare in misura considerevole le condizioni di occupazione. Nel rispetto della portata di tale nozione, gli Stati membri possono avvalersi della facoltà prevista dal citato art. 12, par. 2, della Direttiva n. 2006/112/CE imponendo, ad esempio, un criterio quantitativo, in base al quale, ai fini dell’applicazione dell’IVA, i costi dell’intervento edilizio devono essere pari ad una determinata percentuale del valore iniziale del fabbricato. |
Orientamento della Corte
Nel caso oggetto della causa C-239/22 in commento, fermo restando che il legislatore belga non si è avvalso di tale facoltà, l’Amministrazione finanziaria ha assimilato ai nuovi fabbricati i vecchi fabbricati che hanno subìto trasformazioni tali da acquisire le caratteristiche di un fabbricato nuovo.
Ad avviso della Corte, l’esenzione prevista dall’art. 135, par. 1, lett. j), della Direttiva n. 2006/112/CE per la cessione di fabbricati e del suolo pertinente, diversi da quelli la cui cessione è effettuata anteriormente alla loro prima occupazione, si applica anche alla cessione di un fabbricato che sia stato oggetto di una prima occupazione anteriormente alla sua trasformazione, nonostante lo Stato membro non abbia definito nel proprio ordinamento le modalità di applicazione del criterio della prima occupazione alle trasformazioni di edifici, come l’art. 12, par. 2, della medesima Direttiva lo autorizzava a fare.
Non si può, infatti, sostenere che, siccome lo Stato membro di cui trattasi non si è avvalso della facoltà in esame mediante disposizioni vincolanti di diritto interno, le trasformazioni di edifici non potrebbero essere assoggettate ad imposta in base ad una interpretazione della nozione di prima occupazione prevista dalle disposizioni nazionali. Ciò equivarrebbe, infatti, a ritenere che l’esercizio, da parte di uno Stato membro, della facoltà di definire le modalità di applicazione del criterio della prima occupazione alle trasformazioni di edifici comporterebbe l’applicazione dell’IVA, mentre questo effetto discende dal principio fondamentale secondo cui è il valore aggiunto a determinare l’imponibilità. |
Alla luce di quanto precede, l’assenza di una definizione vincolante, nel diritto interno, delle modalità di applicazione del criterio della prima occupazione alle trasformazioni di edifici non legittima l’applicazione, tout court, dell’esenzione, ove un’interpretazione della disciplina nazionale in conformità con gli artt. 135, par. 1, lett. j), e 12, par. 1, lett. a), della Direttiva n. 2006/112/CE conduca ad escluderla.