di Maurizio Caprino e Benedetto Santacroce
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Le autoscuole eviteranno l’Iva retroattiva, ma dovranno uscire dal regime semplificato di certificazione dei corrispettivi. E, soprattutto, l’Iva dovrebbe colpire tutte le attività di formazione specialistica. È questo l’orientamento del Governo – contenuto nell’articolo 33 dell’ultima bozza del decreto fiscale – per chiudere la delicata partita aperta dalla Corte di giustizia Ue il 14 marzo, con la sentenza (causa C-449/17) che aveva dichiarato illegittimo il regime di esenzione Iva finora previsto in Italia per i corsi di scuola guida.
Rischio Iva per tutti i corsi specialistici
Nella relazione illustrativa al provvedimento, il Governo esplicita che l’assoggettamento a Iva dovrebbe riguardare tutti i corsi di contenuto specialistico che, alla luce dei criteri restrittivi delineati dalla Corte Ue, non si possono definire né scolastici né universitari. E infatti l’articolo 33 riportato nella bozza modifica innanzitutto l’articolo 1, comma 1, numero 20 del Dpr 633/1972: tra le attività esenti non dovrebbero esserci più quelle «didattiche di ogni genere», ma solo «le prestazioni d’insegnamento scolastico o universitario».
In futuro, si tratterà di esaminare tutte le attività didattiche e la varie modalità con cui vengono svolte (per esempio, le eventuali differenze tra corsi per bambini e giovani e il resto delle lezioni) per capire se potranno rientrare ancora nel perimetro dell’esenzione.
L’Iva per le autoscuole
Tornando al caso che ha originato l’articolo 33, quello delle autoscuole, l’orientamento governativo da un lato scongiura il pericolo maggiore (quello di dover pagare anche gli arretrati degli ultimi cinque anni), ma dall’altro non esaudisce le richieste della categoria per ottenere un regime agevolato.
La retroattività della sentenza per i periodi d’imposta ancora accertabili (dal 2014 al 2018) era stata affermata dall’agenzia delle Entrate il 4 settembre (risoluzione 79/E). E la stessa Agenzia aveva subito avviato un’azione di recupero per le annualità dal 2014 al 2017. Un’azione che a questo punto, alla luce del decreto fiscale, appare affrettata e foriera di complicazioni.