Verso il varo dell’attesa riforma fiscale. Tempi brevi e idee chiare
- 25 Febbraio 2023
- Posted by: Studio Pozzan
- Categoria: News Commercialista
Siamo così abituati da alcuni anni ai temi della riforma tributaria che ci stupisce il solo pensiero che questa volta, forse, ci sono le condizioni per approdare ad un risultato positivo. La determinazione e l’impegno che sta mostrando il Vice Ministro dell’Economia e delle Finanze, Maurizio Leo, autorizzano un po’ di ottimismo anche per i tempi brevi dichiarati. Non vorremmo, però, che i ripetuti annunci mediatici stiano caricando troppo le aspettative dell’ampia platea degli interessati, a cominciare dai contribuenti. Il timore, che speriamo questa volta sia fugato, è pur sempre quello atavico della montagna che partorisce un topolino.
In una riforma che dovrebbe essere di sistema è indispensabile muovere dalla tutela dei diritti dei contribuenti, spesso ignorati per una ragion di Stato che tende sempre a prevalere. Il “vecchio” Statuto dei diritti dei contribuenti ha molti pregi, ma richiede interventi robusti non di semplice manutenzione che valgano ad evitare prepotenze o atteggiamenti vessatori delle autorità fiscali nei confronti dei cittadini, ancora oggi riscontrabili in barba ai principi di civiltà giuridica. Ben venga perciò una sua novellata collocazione che lo configuri come legislazione rafforzata anche se non di rango costituzionale, sancendo una volta per tutte la fine delle “deroghe” più o meno giustificate dalle legiferazioni d’emergenza. I punti da rivisitare sono tutti quelli contenuti nello Statuto con evidenza per l’abuso del diritto, la tutela patrimoniale dei contribuenti, maggiori poteri per il Garante del contribuente e responsabilità diretta dei funzionari del Fisco in caso di ingiustificata inerzia nei rimborsi o nella definizione delle richieste dei contribuenti.
Un mero cenno, perché è un argomento su cui si insiste continuamente, va fatto all’esigenza di introdurre realmente elementi di chiarezza e semplificazione nella normativa, anche e soprattutto secondaria, eliminando gravosi adempimenti talvolta ripetitivi ed inutili, considerate le ampie disponibilità di informazioni che il Fisco ha con le innumerevoli banche dati che può consultare. Ci si attende che i testi legislativi siano scritti evitando l’approccio burocratico e bizantino-pomposo, rendendoli fruibili con termini chiari e comprensibili e con i richiami strettamente necessari ad altre norme, da porre semmai in apposite note.
Andando oltre le tradizionali partizioni del sistema tributario (imposte dirette sulle varie tipologie di redditi evitando le discriminazioni finora esistenti, le imposte indirette e sui consumi e quelle patrimoniali), emerge l’esigenza di recuperare sistematicità e coerenza nel coacervo dispersivo dei tributi. Un unico corpus normativo (codice tributario o raccolta di testi unici) s’impone per dare unitarietà alle disposizioni fiscali, che altrimenti si perdono in tanti meandri spesso disarticolati. Una materia che per sua natura è soggetta a continui cambiamenti richiede che si intervenga con misure da inserire in contesti normativi stabili, distinguendo le norme di sistema che sono durature e quelle suscettibili di adattamento alle mutate condizioni economiche. Ma pur sempre da inserire nel contesto legislativo organico, anche se di valenza transitoria.
Va recuperata anche la coerenza sostanziale con i principi costituzionali, come quello dell’eguaglianza che impone di superare l’attuale assetto di modelli di tassazione discriminatori in relazione alla tipologia dei redditi. Non è più tollerabile che redditi della stessa natura, come quelli di lavoro, siano trattati diversamente. Alcuni, i redditi di lavoro autonomo, favoriti con flat tax generose per ampie platee di contribuenti ed altri redditi soggetti a tassazioni eccessive, come i redditi di lavoro dipendente di livello medio. Ci si deve perciò anche chiedere se ha ancora valenza la tassazione sul reddito complessivo.
S’impone poi una revisione profonda delle regole tributarie che hanno impatto con le attività economiche con rilevanza comunitaria ed internazionale per garantire agli operatori economici parità di trattamento rispetto a quelli esteri con cui competono sui mercati internazionali. E quindi ad es. l’occasione va colta per rivedere tutta la normativa IVA adeguandola in tutto alla regolamentazione europea e sancendo il principio della prevalenza automatica delle direttive UE sulle norme nazionali e l’obbligo di adeguamento ai principi enunciati dalle sentenze della Corte di giustizia UE in ordine al concreto rispetto del principio di neutralità dell’imposta.
La tassazione del reddito d’impresa e delle attività di lavoro autonomo deve essere uniforme, riconducendo i sistemi di determinazione del reddito imponibile all’osservanza delle regole contabili generalmente accettate e codificate negli standard setter internazionali (principi contabili internazionali IAS/IFRS) se le imprese hanno anche una presenza durevole all’estero, con stabili organizzazioni o società sussidiarie, ovvero a quelli nazionali (OIC) per le imprese che non hanno una significativa presenza internazionale. I regimi opzionali di carattere forfettario andrebbero riservati realmente alle attività marginali non solo per volume d’affari ma anche per le particolari caratteristiche dell’attività svolta (es. gli ambulanti e prestatori di servizi la cui attività è basata esclusivamente o quasi sull’apporto del prestatore del servizio).
Per la dispersività delle norme e la loro inadeguatezza rispetto ai principi di tutela e difesa dei contribuenti si rende necessario smussare i profili troppo autoritaristici delle procedure di controllo e di accertamento e quelli relativi alla compliance dei contribuenti. Non meno rilevante è l’esigenza che sia riconosciuto maggior rispetto per le funzioni dei professionisti che da intermediari hanno sgravato l’Amministrazione finanziaria di una larga parte delle attività tradizionalmente svolte e permettono con il loro lavoro di osservare gli adempimenti dai quali dipende la capacità di riscossione dei tributi, di risoluzione degli errori che emergono dalle migliaia di avvisi bonari infondati e sempre più spesso quella relativa all’erogazione di vari bonus ed aiuti.
Strettamente connesso è il sistema sanzionatorio amministrativo e penale, che va rifondato in ragione dell’applicazione del principio essenziale di proporzionalità tra i disvalori sociali connessi alle violazioni compiute e la misura afflittiva. Le violazioni formali o quelle sostanziali che attengono non al nascondimento della materia imponibile (evasione vera) tanto sotto forma di occultamento dei ricavi che di creazione di documentazione fittizia di costi, ma ad altri motivi di recuperi fiscali per irregolarità relative all’inerenza discutibile, alla competenza temporale, alla valutazione, a quote di ammortamento erronee e simili, vanno sanzionate in misura fissa pari al risarcimento dell’Erario per gli oneri delle attività di controllo.
L’ultima area della riforma, non certo per importanza, è quella che riguarda la riscossione che merita una profonda revisione soprattutto nelle procedure della riscossione coattiva che implica un maggior rispetto della tutela patrimoniale dei contribuenti e una parità di posizioni innanzi alle giurisdizioni come avviene tra qualsiasi creditore e debitore. L’interesse pubblico alla riscossione dei tributi non deve costituire un espediente per vessare i contribuenti. Esso è ampiamente tutelato con le potestà autoritative dell’accesso alle banche dati dei beni e delle disponibilità finanziarie e bancarie dei cittadini con facoltà di blocco (o peggio di prelievo) coattivo senza previo intervento del giudice.