Verso un Fisco sempre più digitale. Ma è necessario seguire i principi europei

Nell’ambito della delega al Governo per la riforma fiscale, entrata in vigore il 29 agosto scorso, al tema della digitalizzazione sono dedicate molte disposizioni, che prefigurano nei procedimenti e processi tributari a venire un significativo ricorso alle tecnologie digitali e un sostanziale affidamento alle soluzioni offerte dai sistemi di intelligenza artificiale.

Dai principi e criteri direttivi espressi nella legge traspare la concezione del Parlamento delegante: mentre il sistema analogico è caratterizzato da variabilità, approssimazione e inattendibilità (in quanto basato sull’opposizione originale/contraffatto), quello digitale in via di costruzione sarà un sistema privo di sfumature (poiché fondato sull’opposizione vero/falso). La digitalizzazione non è, cioè, assunta come un mero processo di miglioramento tecnologico: dalle nuove regole che il Governo è chiamato ad introdurre emergerà un nuovo modo di attuare la dinamica del rapporto d’imposta.

Infatti, il digitale è declinato nella delega all’interno di importanti disposizioni concernenti i principi generali del diritto tributario nazionale (art. 2), la revisione dello Statuto dei diritti del contribuente (art. 4), la revisione del sistema di imposizione sui redditi (art. 5), dei tributi indiretti (articoli 10 e 12) e della fiscalità locale (art. 14), la revisione dell’attività di accertamento (articoli 16 e 17) e di riscossione (art. 18), oltre che della disciplina del processo tributario (art. 19).

In tali disposizioni l’introduzione (o l’impiego estensivo) del digitale nel diritto tributario assume il duplice (e ambivalente) tratto della centralizzazione e della standardizzazione.

La tendenza alla centralizzazione delle informazioni è già in atto da alcuni anni e vede l’Amministrazione finanziaria sempre più assumere il ruolo di data manager nella fase di raccolta e utilizzo a fini accertativi delle informazioni a rilevanza fiscale dei soggetti passivi.

La delega propone di razionalizzare e semplificare il sistema tributario mediante l’utilizzazione efficiente “anche sotto il profilo tecnologico” dei dati ottenuti attraverso lo scambio di informazioni (art. 2, comma 1, lettera d, n. 1). In particolare, a fini di prevenzione e contrasto all’evasione e elusione fiscali, si prevede di sfruttare i dati che affluiscono al sistema informativo dell’anagrafe tributaria e l’interoperabilità delle banche dati (art. 2, comma 1, lettera b, e art. 17, comma 1, lettera f, oltre che di “accelerare l’aggiornamento sistematico degli elementi informativi mancanti” nei sistemi di rilevazione degli enti locali (art. 14, comma 1, lettera d, e art. 16, comma 1, lettera n).

È contemplato, inoltre, un incremento dell’efficienza dei sistemi della riscossione, nazionale e locali, attraverso “la tempestiva trasmissione telematica delle informazioni relative all’attività svolta” (art. 18, comma 1, lettera a, n. 6), a cui farà da pendant la “completa digitalizzazione del processo” (art. 19, comma 1, lettera b, n. 1), con pieno accesso per tutti i cittadini alle banche dati della giurisprudenza delle corti di merito (art. 19, comma 1, lettera i).

La centralizzazione dovrebbe portare dei vantaggi pratici rilevanti per i contribuenti: saranno incrementati i servizi digitali per gli adempimenti fiscali dei contribuenti, incentivati i pagamenti elettronici e semplificate le modalità di accesso ai servizi telematici messi a disposizione dall’Amministrazione finanziaria, con particolari facilitazioni per i soggetti con minore attitudine all’utilizzo degli strumenti informatici (art. 16, comma 1, lettera g-m); saranno ridotti gli oneri amministrativi a carico dei contribuenti attraverso una semplificazione del procedimento accertativo in generale (art. 17, comma 1, lettera a), degli adempimenti dichiarativi e delle modalità di versamento dei tributi locali (art. 14, comma 1, lettera f, n. 1); in luogo dell’interpello, per le persone fisiche e i contribuenti di minori dimensioni sarà possibile ottenere risposte scritte mediante “servizi di interlocuzione rapida” (art. 4, comma 1, lettera c, n. 3); è prevista la riduzione e semplificazione degli adempimenti a carico dei contribuenti, ai fini dell’applicazione dell’imposta di registro, dell’imposta sulle successioni e donazioni, dell’imposta di bollo e degli altri tributi indiretti (art. 10, comma 1, lettera e) e dell’accisa sui prodotti alcolici (art. 12, comma 1, lettera e); per i possessori e i conduttori dei terreni agricoli sarà più agevole aggiornare “senza oneri aggiuntivi” le qualità e le classi di coltura a fini catastali (art. 5, comma 1, lettera b, n. 3).

A fronte di queste opportunità che la centralizzazione delle informazioni (resa possibile dalla sofisticazione delle tecnologie) promette sia agli Uffici preposti al controllo e alla riscossione, che ai contribuenti, si può scorgere nella delega fiscale una seconda tendenza: il digitale porterà ad una maggiore standardizzazione.

La riforma prevede, infatti, l’introduzione di “sistemi premiali” per incentivare l’utilizzazione delle dichiarazioni precompilate (art. 16, comma 1, lettera g) e l’adozione di tecnologie digitali per “perseguire la riduzione dei fenomeni di evasione e di elusione fiscale, massimizzando i livelli di adempimento spontaneo dei contribuenti” (art. 17, comma 1, lettera f, n. 3).

Si tratta di misure che richiedono il ricorso a strumenti algoritmici e a meccanismi probabilistici, per inferire la situazione imponibile dei contribuenti a partire dalle informazioni a disposizione del Fisco.

L’utilizzo di modelli popolati automaticamente dai dati forniti dal sistema e di standard per individuare i soggetti a più alto rischio fiscale semplificherà le attività di controllo e accertamento, al prezzo però di una tassazione che potrà rivelarsi sganciata dalla capacità contributiva effettivamente espressa dai soggetti passivi.

Per prevenire tale conseguenza, in sede di attuazione della riforma, il processo di digitalizzazione dovrebbe essere circondato da cautele.

Innanzitutto, dovrebbe essere assicurata ai contribuenti la possibilità di correggere in ogni momento il dato digitale trasmesso o comunque pervenuto all’Amministrazione finanziaria.

Inoltre, nella costruzione di indici di rischio e – più in generale – nella profilazione dei contribuenti su cui concentrare le attività di controllo, l’Amministrazione finanziaria dovrebbe osservare il principio di non discriminazione algoritmica, astenendosi dall’assumere decisioni che comportino una selezione irrazionale di determinate classi di soggetti.

Gli strumenti digitali adottati dovranno essere in grado di vagliare, tra le varie banche dati, le informazioni più utili a marcare il profilo qualificante del singolo contribuente, garantendo che i criteri accertativi non tendano a preferire maggiormente i soggetti sui quali è disponibile un maggior numero di informazioni (ancorché incoerenti), ignorando sistematicamente quelli sui quali le informazioni sono scarse.

Inoltre, in base al principio di trasparenza enunciato nella risoluzione del Parlamento europeo del 16 febbraio 2017 sulla robotica (n. 2018/C 252/25, p. 12), si dovrà “indicare la logica alla base di ogni decisione presa con l’ausilio dell’intelligenza artificiale”, assicurando che la formula algoritmica sia sempre corredata da spiegazioni idonee a tradurla nella regola giuridica sottesa, affinché lo strumento accertativo risulti pienamente intellegibile al contribuente nei confronti del quale è utilizzato. In particolare, il diritto del soggetto passivo a conoscere l’esistenza di processi decisionali automatizzati che lo riguardano e a ricevere informazioni significative sui procedimenti seguiti dovrebbe tradursi in una motivazione “rafforzata” del provvedimento notificatogli.

Infine, occorre garantire che gli esiti derivanti dall’utilizzo di strumenti fondati sull’intelligenza artificiale siano sempre sottoposti a valutazione critica da parte dei funzionari dell’Amministrazione finanziaria che ne assumono la paternità, nel rispetto del principio europeo della non esclusività della decisione algoritmica. Infatti, il Regolamento UE del 27 aprile 2016 sulla protezione dei dati (n. 2016/679) stabilisce che l’interessato “ha il diritto di non essere sottoposto a una decisione basata unicamente sul trattamento automatizzato, compresa la profilazione, che produca effetti giuridici che lo riguardano o che incida in modo analogo significativamente sulla sua persona” (art. 22, par. 1).

Affinché il processo di digitalizzazione non trasmodi in approcci puramente deterministici nella gestione del rapporto d’imposta, occorre assicurare che gli utilizzatori dei sistemi informatici (funzionari amministrativi, giudici e contribuenti) agiscano da attori consapevoli e mantengano sempre il controllo delle loro scelte.

Per scongiurare i rischi della standardizzazione, il digitale non deve soppiantare l’umano.

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