Site icon Commercialista Verona, Studio Consulenza Finanziaria e Amministrativa

Vizi degli atti di accertamento e riscossione. Dalla riforma fiscale una duplice (apprezzabile) innovazione

Vizi Degli Atti Di Accertamento E Riscossione
La bozza dello schema di decreto legislativo recante modificazioni allo Statuto dei diritti del contribuente, approvata in esame preliminare dal Consiglio dei Ministri il 23 ottobre scorso, prefigura l’introduzione di una disciplina generale delle cause di invalidità degli atti impositivi e della riscossione, in attuazione della delega al Governo per la riforma fiscale (art. 4, comma 1, lettera g, legge n. 111/2023).

In particolare, attraverso cinque disposizioni dello Statuto novellato (i.e. gli articoli da 7-bis a 7-sexies), le invalidità che inficiano gli atti e le attività dell’Amministrazione finanziaria vengono articolate, a seconda del tipo di vizio, in irregolarità, annullabilità, nullità, inutilizzabilità e inesistenza.

La Riforma precisa i criteri di qualificazione dei vizi riconducibili alle diverse ipotesi patologiche e ascrive a ciascuna di esse uno specifico regime, avente rilievo anche processuale. La novità non è di poco conto, se si considera che nel sistema vigente la legge tributaria non solo omette di identificare sistematicamente i vizi dell’agire amministrativo, ma in molti casi non esplicita neppure gli effetti invalidanti dell’attività dell’Amministrazione finanziaria che risulta non conforme al paradigma normativo.

Il legislatore delegato assegna preminenza ai vizi di annullabilità (a cui è dedicata la prima disposizione, ossia l’art. 7-bis), riscontrabili per ogni “violazione di legge, ivi incluse le norme sulla competenza, sul procedimento, sulla partecipazione del contribuente e sulla validità degli atti”.

La novella consente di ricondurre entro tale ambito un vastissimo campionario di fattispecie, poiché nell’attigua categoria delle irregolarità l’art. 7-quater tipizza solamente “[l]a mancata o erronea indicazione” negli atti di accertamento e riscossione delle informazioni relative all’ufficio presso il quale è possibile effettuare un accesso al fascicolo e alle autorità amministrativa e giurisdizionale a cui il contribuente si può rivolgere per ottenere tutela. Poiché solo tale fattispecie “non costituisce vizio di annullabilità” (art. 7-quater cit.), a quest’ultima categoria di invalidità occorre – a contrario – riportarsi per tutte le altre violazioni di legge.

A fronte di un vizio di annullabilità, gli atti autonomamente impugnabili “dinanzi agli organi di giurisdizione tributaria sono annullabili”, sulla scorta di “motivi di annullabilità [rectius di illegittimità] e di infondatezza” da dedurre, “a pena di decadenza, con il ricorso introduttivo del giudizio dinanzi alla Corte di giustizia tributaria di primo grado” (art. 7-bis cit.). Questa precisazione – iterativa dell’attuale disciplina processuale applicabile sinora a tutti i tipi di vizi sollevabili in giudizio – è funzionale a tracciarne la distinzione rispetto ai vizi di nullità degli atti dell’Amministrazione finanziaria, che “possono essere sempre eccepiti in sede amministrativa o giudiziaria, sono rilevabili d’ufficio in ogni stato e grado del giudizio e danno diritto alla ripetizione di quanto versato, fatta salva la prescrizione del credito” (art. 7-ter).

La possibilità di eccepire un vizio di nullità successivamente alla notifica dell’atto introduttivo e la sua rilevabilità da parte del giudice rappresenta l’innovazione più significativa nell’ambito di un sistema in cui la tutela giurisdizionale dei privati nei confronti dei provvedimenti tributari incidenti sui loro diritti proprietari è stata finora prestata esclusivamente su domanda di parte e sulla scorta di quei motivi a “critica libera” che monopolisticamente il ricorrente decide di portare all’attenzione del giudice.

Meno gradito è l’effetto di complicazione che la Riforma determina, considerato che i vizi di nullità saranno solo quelli “qualificati espressamente come tali da norme di legge successive alla data di entrata in vigore della presente disposizione” (art. 7-ter cit.). Se tale criterio formale rende certa l’individuazione delle fattispecie invalidanti, gli operatori dovranno in futuro prestare particolare attenzione alla data di entrata in vigore delle singole disposizioni procedimentali, per escludere dal perimetro dei vizi in discorso tutte quelle ipotesi di nullità testuali che punteggiano l’attuale tessuto normativo (come, ad esempio, quella recata dall’art. 42, comma 3, del D.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, secondo cui “[l]’accertamento è nullo se l’avviso non reca la sottoscrizione, le indicazioni, la motivazione…”).
Innovativa è altresì la codificazione di vizi di inutilizzabilità “ai fini dell’accertamento amministrativo o giudiziale del tributo”, che l’art. 7-quinquies configura negli “elementi di prova acquisiti oltre i termini di cui all’articolo 12, comma 5, [dello Statuto, ossia i termini di permanenza dei verificatori presso i luoghi di domicilio del contribuente] o in violazione di libertà costituzionalmente riconosciute”. Recependo un orientamento della Corte di cassazione, la Riforma preclude all’Amministrazione finanziaria di fondare le sue riprese a tassazione su elementi probatori acquisiti in modo irrituale o illecito, ossia non rispettando la norma statutaria dettata per garantire il risultato dell’istruttoria presso i luoghi di disponibilità del contribuente, oppure violando norme che limitano i poteri di indagine, a tutela di interessi privati costituzionalmente protetti. In considerazione di tale finalità, sebbene il citato art. 7-quinquies non espliciti il regime processuale di questa invalidità, si può ipotizzare la rilevabilità d’ufficio dell’inutilizzabilità, in ogni stato e grado del giudizio, in analogia a quanto l’art. 191 c.p.p. dispone ai fini penali per le prove illegittimamente acquisite.

La situazione più grave, ossia quella dell’inesistenza giuridica, è riservata dall’art. 7-sexies al vizio di notifica: “[è] inesistente la notificazione degli atti impositivi o della riscossione priva dei suoi elementi essenziali ovvero effettuata nei confronti di soggetti giuridicamente inesistenti, totalmente privi di collegamento con il destinatario o estinti”. In tali situazioni, l’atto recettizio che risulta notificato male andrà considerato privo di effetti (art. 7-sexies, comma 2).

Al di fuori di tali casi più invalidanti, “la notificazione eseguita in violazione delle norme di legge” va considerata “nulla”. Tale nullità “può essere sanata dal raggiungimento dello scopo dell’atto, sempreché l’impugnazione sia proposta entro il termine di decadenza dell’accertamento”.

L’introduzione di una disciplina generale sui vizi degli atti di accertamento e riscossione, avente valenza anche processuale, comporta un duplice (apprezzabile) effetto in termini di certezza giuridica.

Il legislatore, attraverso la definizione delle ipotesi patologiche dei provvedimenti tributari, ne chiarisce i requisiti formali, marcando, attraverso la graduazione dei vizi, quelli da considerare come indefettibili. In base allo specifico carnet di invalidità si potrà meglio caratterizzare la posizione soggettiva del contribuente oggetto di tutela: ubi remedium, ibi jus.

Inoltre, la previsione di norme specifiche per il procedimento gestito dall’Amministrazione finanziaria irrobustisce i caratteri di specialità e autonomia del diritto tributario rispetto al diritto amministrativo, permettendo di superare l’attuale problematica applicazione in ambito tributario delle disposizioni del capo IV-bis della legge generale sul procedimento amministrativo. In particolare, l’art. 21-octies, comma 2, della legge 7 agosto 1990, n. 241, nell’escludere l’annullabilità dei provvedimenti aventi natura vincolata (come gli avvisi di accertamento) nei casi in cui, pur essendo adottati in violazione di norme sul procedimento o sulla forma degli atti, emerga con evidenza che il loro contenuto dispositivo non avrebbe potuto essere diverso da quello in concreto adottato, comporta una dequotazione dei vizi formali, che divengono – di fatto – trattati come “innocui”.

Il legislatore delegato, affermando l’annullabilità degli atti impugnabili dell’Amministrazione finanziaria che violano le norme sulla validità e sul procedimento, conferma che le riprese a tassazione illegittime nella forma (ancorché fondate nel merito) non sono immuni da contestazione e possono essere rimosse dal giudice.

Il procedimento, infatti, non rappresenta solo un modulo di collegamento di norme, atti e posizioni soggettive che danno luogo a situazioni giuridiche diverse, ma è anche la sede elettiva di garanzie fondamentali per i soggetti passivi nell’attuazione dei tributi, che non possono essere pretermesse in nome dell’interesse fiscale.

Copyright © – Riproduzione riservata

Fonte

Exit mobile version