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Welfare aziendale in base allo status di maternità: è rilevante ai fini fiscali

Welfare Aziendale In Base Allo Status Di Maternità: è Rilevante Ai Fini Fiscali

L’Agenzia delle Entrate ha pubblicato la risposta a interpello n. 57 dell’1 marzo 2024 in tema di trattamento fiscale delle somme erogate alle lavoratrici madri.

L’articolo 51, comma 1, del Tuir stabilisce che il reddito di lavoro dipendente è costituito da tutte le somme e i valori in genere, a qualunque titolo percepiti nel periodo d’imposta, anche sotto forma di erogazioni liberali, in relazione al rapporto di lavoro.

Con la predetta disposizione viene sancito il c.d. ”principio di onnicomprensività” del reddito di lavoro dipendente, in virtù del quale tutte le somme e i valori che il dipendente percepisce, a qualunque titolo, in relazione al rapporto di lavoro, concorrono alla determinazione del reddito di lavoro dipendente.

Il medesimo articolo 51 individua, tuttavia, al comma 2 e all’ultimo periodo del comma 3, specifiche deroghe, elencando le opere, i servizi, le prestazioni e i rimborsi spesa che non concorrono a formare la base imponibile o vi concorrono solo in parte, sempreché l’erogazione in natura non si traduca in un aggiramento degli ordinari criteri di determinazione del reddito di lavoro dipendente in violazione dei principi di capacità contributiva e di progressività dell’imposizione.

In altri termini, la non concorrenza al reddito di lavoro dipendente deve essere coordinata col principio di onnicomprensività che, riconducendo nell’alveo di tale categoria reddituale tutto ciò che il dipendente percepisce in relazione al rapporto di lavoro, riconosce l’applicazione residuale delle predette deroghe, in ragione anche della circostanza che i benefit ivi previsti non sempre assumono una connotazione strettamente reddituale.

Pertanto, qualora tali benefit rispondano a finalità retributive (ad esempio, per incentivare la performance del lavoratore o di ben individuati gruppi di lavoratori), il regime di totale o parziale esenzione non può trovare applicazione.

La circolare 15 giugno 2016, n. 28/E definisce welfare aziendale le «prestazioni, opere, servizi corrisposti al dipendente in natura o sotto forma di rimborso spese aventi finalità che è possibile definire, sinteticamente, di rilevanza sociale, escluse dal reddito di lavoro dipendente.

Come ribadito nella risoluzione 25 settembre 2020, n. 55/E, in base al comma 2, occorre che i benefit siano messi a disposizione della generalità dei dipendenti o di categorie di dipendenti. Al riguardo, l’Amministrazione Finanziaria ha più volte precisato che il legislatore, a prescindere dall’utilizzo dell’espressione ”alla generalità dei dipendenti” ovvero a ”categorie di dipendenti”, non riconosce l’applicazione delle disposizioni tassativamente elencate nel comma 2 ogni qual volta le somme o servizi ivi indicati siano rivolti ad personam, ovvero costituiscano dei vantaggi solo per alcuni e ben individuati lavoratori.

La citata prassi ha ulteriormente chiarito che l’espressione ”categorie di dipendenti” utilizzata dal legislatore non va intesa soltanto con riferimento alle categorie previste nel codice civile (dirigenti, operai, etc.), bensì a tutti i dipendenti di un certo ”tipo” o di un certo ”livello” o ”qualifica” (ad esempio tutti gli operai del turno di notte), ovvero ad un gruppo omogeneo di dipendenti, anche se alcuni di questi non fruiscono di fatto delle ”utilità” previste.

Non si ritiene, invece, possibile individuare una ”categoria di dipendenti” sulla base di una distinzione non legata alla prestazione lavorativa ma a caratteristiche o condizioni personali o familiari del dipendente.

Inoltre, come precisato anche dalla risoluzione n. 55/E del 2020, nell’ipotesi in cui il piano di welfare fosse alimentato anche da somme costituenti retribuzione fissa o variabile degli aderenti ­ fatta salva l’ipotesi disciplinata dall’articolo 1, commi 182 a 189, della legge 28 dicembre 2015 ­ ovvero la parte di importo riconosciuto ai dipendenti sotto forma di welfare (cd. credito welfare) non utilizzato si convertisse in denaro, rimarrebbe impregiudicata la rilevanza reddituale dei ”valori” corrispondenti ai servizi offerti agli stessi in base alle ordinarie regole dettate per la determinazione del reddito di lavoro dipendente.

Sulla base della circostanza che l’attribuzione del welfare aziendale in base allo status di maternità non appare idonea ad individuare una ”categoria di dipendenti”, si ritiene che le somme che alimentano il credito welfare individuale debbano assumere rilevanza reddituale, rappresentando un’erogazione in sostituzione di somme costituenti retribuzione fissa o variabile, rispondono a finalità retributive.

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